Battista Franco, pittore eminente del XVI secolo, era veneziano. Ma di tutti i veneziani fu senza dubbio il più romano, il più fiorentino, il più urbinate e soprattutto il più michelangiolesco. Artista di grande prestigio, è chiamato a lavorare per le decorazioni in occasione dell’ingresso di Carlo V a Roma (1536), del matrimonio del duca Cosimo de’ Medici a Firenze (1539) e di quello del duca Guidobaldo della Rovere a Urbino (1548). Più di un edificio della penisola italiana, come la Biblioteca Marciana o il Palazzo dei Dogi a Venezia, deve a lui il sofisticato decoro. Secondo una prospettiva che oggi risulta più difficile da comprendere, il suo biografo, l’impareggiabile Vasari, associa Battista a un altro maestro veneziano del tempo: Jacopo Tintoretto. Ma se Tintoretto è, per la potenza degli effetti e la magniloquenza, l’inventore fecondo ma non sempre sorvegliato di una pittura lirica, cupa e incandescente, Battista Franco è, con altrettanta ambizione e tenacia, un artista “chiaro”, ossessionato dalla leggibilità del disegno. Disegna con estrema finezza, senza trascurare alcun modello, sviluppando un’acuta curiosità d’archeologo e meritando l’ammirazione e la stima di critici e artisti (dall’Aretino a Palladio). La sua opera grafica, raffinata e da sempre apprezzata dai collezionisti, è perfettamente rappresentata dai fondi del Louvre, ricchi di oltre cento disegni autografi, tutti riprodotti in bianco e nero nelle schede e per metà in cinquanta tavole a colori. A questi si aggiungono in catalogo un’altra quarantina di fogli tra copie, opere attribuite e respinte, tutte illustrate, mentre gli ampi saggi introduttivi contestualizzano l’opera grafica rispetto a quella dipinta, grazie anche a numerose immagini di confronto. In occasione della pubblicazione di questo volume, il Louvre espone per la prima volta al pubblico un’ampia selezione dei disegni di Battista Franco.
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