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scheda di Paternò, C., L'Indice 1990, n. 7
L'Austria, pur rinnegata e maledetta, resta per Thomas Bernhard "Heimat", patria culturale. Così le due parti in cui si articola l'ultimo libro di Aldo Gargani - la prima dedicata all'analisi della scrittura di Bernhard, la seconda ai linguaggi della cultura austriaca - si compenetrano nell'intrecciarsi di estetica ed etica, di poesia e filosofia. In Bernhard l'incessante tramutarsi del senso in nonsenso e della verità in menzogna rende imprescindibile la scrittura, una "Gedankenpoesie" che, se condotta con rigore, è unica condizione di salvezza. Negli altri - Wittgenstein, Musil, i padri della musica atonale, Ingeborg Bachmann - l'istanza etica impone di spezzare la coazione a ripetere per scegliere ogni volta di nuovo tra infinite possibilità. Condivisa è la ricerca di un "Mittelpunkt", abitazione in cui l'uomo possa sopravvivere alla pressione dei fatti entro il linguaggio. Bernhard, però, con il suo lavoro di decostruzione che dissolve, attraverso l'inversione di ogni concetto nel suo contrario, la verità unica, giunge a esiti paradossali: i suoi personaggi restano prigionieri dello spazio che dovevano abitare. Il pensiero, nel suo movimento autodistruttivo, si arresta un attimo prima della follia e del suicidio. A questo baratro arrivano tutti i personaggi, e tutti finiscono per soccombere. Lo scrittore invece si salva. Dalla sua opera ha bandito ogni descrizione, ha fatto della scrittura una tessitura di citazioni e frasi, ha preso le distanze dall'io narrante, per arrivare all'estremo della disperazione senza tuttavia perdersi. Ma davvero può restare incolume?
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