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Anno edizione: 2019
Anno edizione: 2019
Anno edizione: 2021
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Vincitore dell’International Man Booker Prize 2021 - Vincitore del Premio Strega Europeo 2019 - Vincitore del premio Goncourt des Lycéens 2018
«Uno dei romanzi più belli e potenti della rentrée letteraria» – Le Figaro Littéraire
«Una lingua ammaliante, che canta con la bellezza delle sue metafore e allegorie» – Le Nouvel Observateur
Sul fronte occidentale, nelle trincee francesi, tra i soldati bianchi coi loro vistosi calzoni rossi spiccano i fucilieri senegalesi, «i cioccolatini dell’Africa nera», come li chiama il capitano Armand. Prima di ogni assalto, il capitano non manca di ricordare loro che sono l’orgoglio della Francia, «i piú coraggiosi dei coraggiosi», un autentico incubo per i nemici che hanno paura dei «negri selvaggi, dei cannibali, degli zulú». I senegalesi ridono contenti. Poi, mettendosi in faccia gli occhi da matto, sbucano fuori dalla trincea con il fucile nella mano sinistra e il machete nella destra. Alfa Ndiaye e Mademba Diop sono amici, fratelli d’anima cresciuti insieme in Africa, lontano dai freddi accampamenti del fronte. Quando in trincea risuona il colpo di fischietto del capitano, escono anche loro dal buco urlando come selvaggi indemoniati per non apparire meno coraggiosi degli altri. Un giorno, però, Mademba Diop viene ferito mortalmente e, con le budella all’aria, chiede per tre volte ad Alfa di dargli il colpo di grazia. Per tre volte Alfa si rifiuta e, dopo una lunga e atroce agonia, Mademba muore. La morte dell’amico consegna Alfa all’impensabile, a tutto ciò che gli antenati e il mondo di ieri avrebbero proibito e che invece la grande carneficina della guerra moderna concede. A ogni fischio di chiamata del capitano Armand, Alfa si precipita fuori dalla trincea e corre verso i «nemici dagli occhi azzurri», uccidendo senza pietà e tagliando alle sue vittime una mano come trofeo di guerra. Una, due, tre, quattro... otto mani. Come un demone, uno stregone, un divoratore di anime, che soltanto una voce del mondo di ieri potrebbe salvare... Romanzo che è valso al suo autore il prestigioso premio Goncourt des Lycéens e l’entusiastico e unanime apprezzamento della critica, Fratelli d’anima mostra come nel naufragio totale della civiltà rappresentato dalla Grande Guerra non soltanto l’Europa, ma anche una parte non trascurabile dell’Africa perse la sua anima e la millenaria tradizione che la custodiva.
Premio Strega Europeo: Fratelli d’anima è stato votato da una giuria composta da scrittori vincitori e finalisti del Premio Strega – Laura Bosio, Giuseppe Catozzella, Teresa Ciabatti, Antonella Cilento, Maria Rosa Cutrufelli, Paolo Di Paolo, Mario Fortunato, Helena Janeczek, Paolo Giordano, Nicola Lagioia, Lia Levi, Dacia Maraini, Wanda Marasco, Paola Mastrocola, Melania G. Mazzucco, Edoardo Nesi, Valeria Parrella, Lorenzo Pavolini, Romana Petri, Domenico Starnone, Sandro Veronesi e Andrea Vitali. A i loro voti si aggiungono quelli di Maria Ida Gaeta, Giovanni Solimine e Stefano Petrocchi, rappresentanti delle istituzioni responsabili della selezione dei libri in gara.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Un giovane soldato al fronte, in trincea, viene colto dal delirio dopo la morte brutale del suo migliore amico e fratello d'anima....
Un ragazzo ventenne di fronte alla follia della guerra e alla morte in battaglia del suo migliore amico. Scritto dal punto di vista di Alfa Ndiaye, il libro permette di seguire l'evoluzione dei suoi pensieri e spinge il lettore a interrogarsi sulle conseguenze psicologiche degli eventi narrati.
Sincretismo tra psicanalisi, islam e ritualità animistiche capaci d’evocare un’intera cultura (quella senegalese), “Fratelli d’anima” ci restituisce la guerra di trincea attraverso gli occhi del senegalese Alfa (e del suo fratello d’anima Malemba). Un libro rituale, simbolico, a cominciare da quelle 7 mani mozzate che Alfa tiene per sè, tante mani di Fatima, bianchi amuleti, guide all’illuminazione interiore. 7 come l’alchemico VITRIOL, la purificazione attraverso la discesa nelle viscere della terra, negli anfratti dell’anima. Ubbidire o disubbidire. La possibilità di scelta esiste. Perché “la verità appartiene solo a Dio”, dice Alfa. Mentre nel mondo degli uomini tutto è duplice. Dai sentimenti, alle azioni, al nostro stesso essere (“Sono l’innocente e il colpevole. Sono l’inizio e la fine. Sono il creatore e il distruttore. Sono duplice”): “la verità della parola non è unica”. Storia di purificazione/liberazione, di crescita, di consapevolezza con una conclusione magica. Una suggestione vibrante e originale sulla Grande Guerra.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Magnetica la copertina.
Magnetiche la figura del soldato in primo piano e il colore dello sfondo.
Magnetici ed evocativi. La giovane recluta nera rimanda giocoforza all’Africa e alla guerra. Il rosso al sangue, che delle guerre è la tinta sovrana.
Alfa Ndiaye è un francese del Senegal coloniale. È uno dei “cioccolatini”, orgoglio della Francia, ai quali spetta un posto in prima fila nelle trincee del fronte europeo – siamo durante il primo conflitto mondiale – per terrorizzare i nemici durante gli attacchi.
Alfa Ndiaye è il protagonista di Fratelli d’anima (122 pagine, 16 euro) di David Diop, Neri Pozza editore (disponibile anche in versione tascabile per Beat al prezzo di 11,50 euro), traduzione dal francese di Giovanni Bogliolo, romanzo già vincitore del premio Goncourt des Lycéens 2018, aggiudicatosi poi anche il Premio Strega Europeo 2019 e ora candidato a The International Booker Prize 2021.
Ben vengano i premi letterari. Contribuiscono a puntare i riflettori su pagine che altrimenti rischierebbero di cadere precocemente nel dimenticatoio con grave perdita per il lettore.
I pubblici riconoscimenti sono da accogliere, infatti, come suggerimenti di lettura. Se me lo fossi lasciata sfuggire, in questo caso, avrei continuato ad ignorare i termini del coinvolgimento del Senegal nella Grande Guerra, sarei rimasta all’oscuro di queste specifiche, tragiche implicazioni del suo legame coloniale con la Francia, ma soprattutto non avrei fatto la conoscenza con Alfa Ndiaye della finzione letteraria, in un incontro che – vi assicuro – segna.
David Diop, insegnante e scrittore nato in Francia, formatosi negli anni dell’infanzia e della prima giovinezza in Senegal, conoscitore del wolof, la lingua più diffusa in Senegal, l’unica che i tiratori senegalesi parlassero, l’unica nella quale si esprime Alfa Ndiaye, ha fatto sul suo protagonista un gran bel lavoro. L’essenzialità del registro lessicale di Alfa coniugata alla complessità dell’approfondimento psicologico compiuto, a livello emozionale annichiliscono il lettore, che, nonostante la crudeltà delle azioni compiute al fronte, del soldato finiscono per percepire esclusivamente il lacerante dolore e la solitudine disumanizzante.
Un romanzo non facile, sicuramente, ma di grande e travolgente bellezza.
Recensione di Antonietta Molvetti
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