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Anno edizione: 2021
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Pubblicato nel 1907, questo primo romanzo di Walser raccoglie, come una lunga ouverture, abbandonata e felice, tutti i temi dell'opera del grande scrittore svizzero
«Questo romanzo ha un qualcosa di sonnambolico, come, per così dire, si fosse scritto da sé. Per svariate ragioni, è per me una pura meraviglia, e se qui appare un genio spesso ancora immaturo e selvatico, tuttavia è un genio, cioè quel caso eccezionale e ogni volta incredibile di un uomo attraverso il quale la vita sembra scorrere come da una brocca gorgogliante». - Christian Morgenstern
«Se Walser avesse centomila lettori, il mondo sarebbe migliore» - Hermann Hesse
«Corre dappertutto, felice sino alla punta dei capelli, e alla fine non diventa nulla, se non una gioia del lettore». Così Simon, protagonista dei Fratelli Tanner, viene descritto da Kafka, che ne fu uno dei primissimi e più entusiastici lettori. Simon ci appare, all'inizio, come un ultimo discendente della nobile stirpe dei «fannulloni» che, da Eichendorff in poi, hanno traversato la letteratura accompagnati dal soffio corrosivo dell'ironia romantica: cerca, trova e abbandona i lavori più vari (ma sempre anonimi e subalterni) con irresponsabile disinvoltura, si lancia in lunghe passeggiate, fantastica, si guarda intorno per le strade, scrive grandi lettere, attacca discorso, incrocia senza mai arrestarsi i suoi fratelli e tanti sconosciuti, dell'esistenza dei quali, proprio perché a nulla, o forse al Nulla, appartiene, riesce per un poco a partecipare così intimamente come neppure loro stessi saprebbero. Ma quando lo troviamo che scrive indirizzi in una copisteria per disoccupati, circondato da una schiera di rifiuti della società, riconosciamo in lui uno di quei diseredati su cui Dostoevskij fu il primo romanziere a fissare ossessivamente lo sguardo. Eppure non c'è in Simon neppure una punta del risentimento dell'«uomo del sottosuolo». Questo «disoccupato straccione» è un imprendibile spirito dell'aria, che prova meraviglia ogni mattina per l'esistenza del mondo, anzi ritiene che «si troverebbe tutto meraviglioso se si fosse capaci di sentire tutto, perché non può essere che una cosa sia meravigliosa e l'altra no». La sua gioia è nel sentirsi «debitore» anche se non ha nulla e nulla gli viene dato. Ma proprio questo sconcertante modo di essere carica di una straordinaria intensità le sue esperienze. E quando dirà: «La lotta della povera gente per un po' di pace, intendo la cosiddetta questione operaia», sapremo che, di là dalla loro mirabile ironia, queste parole sono fra le più dure e inappellabili che mai siano state dette contro la società. Come, all'inverso, dai discorsi della maga-direttrice di una «casa di cura per il popolo», che è insieme un luogo di ritrovo e un'immagine dell'utopia, ci renderemo conto che I fratelli Tanner non ci introduce solo, come sembrerebbe, a un «romanzo familiare» ma a una parola di cui forse credevamo di aver smarrito il significato, per l'inadeguatezza di chi la propugna e di chi la evita: fraternità.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Qui per rendere giustizia all'incredibile bravura di Robert Walser, autore attorno al quale uno stuolo di fanatici tributa reverenziali omaggi. Calasso lo venerava, giustamente. Una cosa, ad ogni modo, è certa: entrando qui, il lettore leggerà qualcosa di unico, con un ritmo mai assaporato prima, una bellezza vertiginosa che trascina ogni parola sopra il cielo.
«Me ne infischio di godere del privilegio connesso al pagamento di un regolare stipendio mensile. In questo modo io degenero, rincretinisco, divento vigliacco, mi fossilizzo.» Dire che Simon (uno dei fratelli Tanner) è strano, è dire poco: forse un po' Oblomov e per certi versi *Bartleby; e pure Klara non scherza. A dirla tutta, nemmeno Kaspar, Emil e Sebastian sono centratissimi. Magari ci metti metà libro per riuscire a incasellarli in qualche modo; ma è proprio qui l'errore: tentare a tutti i costi di interpretarli. Disse un saggio - Noi non guardiamo l'arte quando la interpretiamo. Non è così che si guarda l'arte -, e già in questa sua opera prima, la scrittura intima e introspettiva di Walser, assieme ai suoi personaggi, esprime una delicata e fluida arte narrativa; un Bernhard dagli spigoli arrotondati, bucolico e peripatetico. «Ero un ragazzino a cui piaceva appoggiare la schiena alle stufe calde». P.S. È incredibile come, in anticipo di cinquant'anni, avesse 'visto' parte del suo futuro e la sua stessa morte (raccontata nel commovente 'Passeggiate con Robert Walser' di Carl Seeling, che consiglio). «Con quale nobiltà ha scelto la sua tomba. È sotto magnifici abeti verdi, coperti di neve, che egli giace. [...] Un riposo splendido, questo giacere e irrigidirsi sotto i rami degli abeti, nella neve. [...] La tua morte sotto il cielo aperto è bella, per molto tempo non potrò dimenticarla».
è vero, ci sono dei passaggi di pura poesia che valgono davvero tanto, ma purtroppo l'ho trovato prolisso e a tratti inconcludente. Non mi è piaciuto nel complesso e a tratti ho davvero faticato ad andare avanti,
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