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scheda di Molinari, E. L'Indice del 2000, n. 04
Sul caso Dora si è scritto molto: più di cinquecento contributi critici precisa Steiner nell'introduzione. Nonostante ciò, Patrick Mahony riesce a suscitare un nuovo interesse su Freud e Dora, organizzando il proprio contributo a strati, in una sorta di gioco che ricorda quello delle matrioske russe. Nel 1900 Freud accolse Dora nel suo studio pensando di guarirne la depressione attraverso la comprensione dei sintomi. Il progetto naufragò in meno di tre mesi. Mahony, attraverso un'accurata ricerca storica, tesse, per questo fallimento, una trama di ipotesi che connettono quelli che oggi appaiono come difetti di comprensione con le vicende psichiche e storiche di Freud stesso. In particolare ritorna su uno degli elementi chiave del caso - la mancata comprensione del transfert omosessuale sulla signora K (amante del padre di Dora) - e lo riconduce alla problematica amicizia tra Freud e Fliess. L'autore cerca conferme alle sue ipotesi, non solo in ciò che è esplicitamente narrato, ma anche nel linguaggio e nella struttura narrativa del resoconto clinico. La ricerca dell'autore viene contestualizzata nella Vienna di inizio secolo, dove le asimmetrie della relazione tra i sessi poterono costituire una delle radici dei molti traumi a cui Dora fu esposta. Non trascurabile quello scaturito dall'analisi con Freud, che finì per accusarla di "non voler donare il suo scrigno di gioielli a Hans (il signor K.) per paura di lui e ancor più di sé stessa". Con la sensibilità di oggi potremmo dire che Freud finì per colpevolizzare la vittima. Sappiamo anche, peraltro, l'impossibilità di cogliere, agli albori della psicoanalisi, la profondità delle vicende pre-edipiche di Dora, il suo tentativo di radicarsi in una genealogia femminile dentro cui sviluppare una sufficiente sicurezza per simbolizzare il proprio malessere. Mahony cerca di "raddrizzare la storia", come afferma nel primo capitolo. Ma alla fine del libro, dopo tante ipotesi interpretative, rimane l'impressione che Dora - la più piccola delle matrioske - rimanga al centro di tutta la vicenda, senza la possibilità di essere aperta, custode del segreto della propria vita, di quel desiderio - che oggi interpreteremmo - di un abbraccio materno in cui trovare la propria collocazione.
Elena Molinari
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