Il ragazzo che parlava col vento

Mi è stato regalato questo romanzo dalle maestre di mia figlia, Pierpaola e Selene che saluto con stima e simpatia. Un regalo azzeccato. Un romanzo-documeto di notevole spessore; un paese dominato dai suprusi di un governo dispotico, violento e militare. La dittatura che nega le libertà di parola, pensiero e cultura. Tutto ciò, se da un lato è drammatico, dall'altro aiuta a ricordare l'importanza della democrazia; della dignità e dei diritti civili; basi fondamentali per la costruzione di famiglie che formano una socetà in cui la ricchezza del paese deve essere da tutti condivisa, in difesa della dignità, benessere progresso. L'autore ricostruisce questa sua terribile esperienza da cui ne è uscito vivo, forse per miracolo; e forse proprio per questo, a volte, la scorrevolezza del racconto, come anche la capacità di tenere alto l'interesse del lettore non è nelle sue potenzialità; le informazioni sono spesso una profusione di date ed avvenimenti non facili da seguire... ma d'altronde, tutto ciò è scritto da un sopravvissuto, che in preda all'angoscia di una persona braccata, non può far altro che divulgare informazioni che con il cuore in gola, rischiano di essere, come in questo caso, frammentate.

Pur avendo il merito di destare attenzione sui problemi della Birmania e con il massimo rispetto per un ragazzo vissuto in una realtà difficile e che ha trovato il riscatto grazie a un professore inglese e alla sua determinazione, l'ho trovato piuttosto noioso.