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Interventi in campo metodologico per lo studio delle scritture di età romana e di età medievale.
PRATESI, ALESSANDRO, Frustula Paleographica
CENCETTI, GIORGIO, Scritti di paleografia
recensione di Cancian, P., L'Indice 1994, n. 2
La paleografia, sono parole di Cencetti, "non deve lasciarsi fuorviare dalle richieste che di volta in volta le sono fatte da altre discipline". Nella prima raccolta la successione cronologica dei contributi consente di seguire gli sviluppi del pensiero di Cencetti. Ispirandosi a uno storicismo neoidealistico, Cencetti avverte che la paleografia "deve trovare il suo ritmo e il suo metodo in se stessa e non può derivarlo da altre discipline", ma contemporaneamente ricorda che "storicismo" significa anche "accettazione e comprensione di tutti i fatti umani purché corrispondano a una realtà e non siano semplici astrazioni": sull'arduo crinale di questa apparente contraddizione Cencetti ha influenzato con i suoi studi specifici non solo la paleografia ma anche la medievistica in Italia e in Europa. E, anche se non è più tempo di storicismo, rimangono sempre valide le sue indicazioni: quelle di metodo, fondate su verifiche puntigliose e sul confronto con i risultati di esperienze di ricerca diverse; e quelle di contenuto, tra cui si segnala il concetto di "scrittura usuale" come area in cui il continuo mutare delle forme grafiche trova alimento e genera forme nuove. Il volume di Pratesi è invece suddiviso per argomenti: questioni e metodi, fra tardo antico e medioevo, la scrittura latina nell'Italia meridionale. L'autore ha una concezione polivalente della scrittura definita sì come specifico grafico, ma anche come "storta di un fenomeno della nostra civiltà". Sono le ambivalenze di uno storicismo aggiornato, che da un lato lo inducono a polemizzare con gli 'chartistes' francesi che attribuiscono i mutamenti delle scritture solo a evoluzioni interne degli strumenti tecnici, dall'altro a sostenere con convinzione l'autonomia del paleografo, tenuto secondo lui a indagare solo su "quando, dove, come" il materiale scrittorio sia stato prodotto, perché qualsiasi altro interrogativo ("chi e perché") rovescia "il fine della disciplina". Il lettore può facilmente immaginare che ci sono altri orientamenti: l'indirizzo filologico della scuola tedesca, quello codicologico, quello (definito da Pratesi "sociologico-marxista") di Armando Petrucci e Attilio Bartoli Langeli e, infine, la metodologia analitica di Giorgio Costamagna che, ispirandosi a Wittgenstein, fa storia della scrittura nella prospettiva della sua capacità di comunicazione. Pratesi dà conto dei nuovi orientamenti storiografici e ne riconosce in qualche caso l'utilità, ma sostiene con vigore l'autonomia di una paleografia dedicata specificamente al "fenomeno grafico", una paleografia tecnica che non avrebbe ancora esaurito le sue potenzialità d'indagine e che, con le risposte che essa si pone 'dall'interno', può raggiungere i risultati migliori per la storta, la linguistica, la sociologia della comunicazione scritta. Importante sul piano contenutistico è l'invito a considerare sempre il patrimonio greco-latino nella sua globalità: la scrittura greca e quella latina hanno complementarità storiche e grafiche pari all'intensità degli scambi medievali fra Mediterraneo bizantino e mondo latino-germanico. Chi vuole aggiornarsi in modo non banale sulla scienza della scrittura trova nelle note di questi volumi un tesoro di indicazioni bibliografiche e, nel testo, lo status di discussioni che costituiscono capitolo importante della riflessione storiografica. La paleografia è tecnica di decifrazione, analisi e valutazione delle scritture antiche o è storia della scrittura? I non esperti preferiscono immaginare il paleografo come un Indiana Jones del documento scritto, fra gli esperti la storia della scrittura sta vincendo, ma il dibattito è aperto.
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