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Il nucleo originario della Garbatella, noto quartiere romano, fu edificato tra 1920 e 1922. La storia della sua evoluzione diventa l'occasione per studiare il fascismo secondo un'ottica capace di aggiungere elementi nuovi. La ricerca dà frutti preziosi grazie a un duplice livello di analisi, quello dello sviluppo edilizio e quello della composizione socioculturale del quartiere e delle condizioni materiali dei suoi abitanti. Sorto come quartiere operaio, la Garbatella riflette nella sua evoluzione urbanistica le scelte adottate di volta in volta dal regime. Scelte non sempre lineari, perché il fascismo seguì spesso la contingenza politica ed economica. Dall'idea di città-giardino indipendente e autosufficiente, presto si ripiegò sulla realtà della borgata periferica, che tale però non diventò mai interamente, anche per una stratificazione di classi e ceti che andavano dal proletariato più precario alla piccola e media borghesia. Se la Garbatella può essere inscritta nel progetto di integrazione politica delle classi popolari che il fascismo tentò nel solco del riformismo giolittiano, le diverse tipologie edilizie sperimentate nel quartiere testimoniano la necessità di fronteggiare la difficile novità di una società di masse industrializzate, in via di lenta ma decisa articolazione interna e conseguente diversificazione professionale. Quel che potrebbe apparire come una capacità del regime di leggere una realtà in mutamento, va intensa anche come chiara volontà di organizzare lo spazio per disciplinare gruppi sociali eterogenei secondo un'"arte delle ripartizioni" tesa alla determinazione e fissazione di precise gerarchie. La descrizione della vita negli alberghi suburbani, casermoni popolari eretti fra 1928 e 1929 per la popolazione sbaraccata dagli sventramenti nel centro di Roma, evoca le plumbee atmosfere urbane dell'Urss narrate da Pasternak e Bulgakov.
Danilo Breschi
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