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I bambini sono naturalmente "gattolici" e quindi possono ben capire il monito di Paolo De Benedetti ("uno dei più sapienti lettori della Bibbia", secondo Enzo Bianchi priore di Bose): "Ricorda, lettore, che senza animali non c'è Paradiso". Il Creatore disse che erano "cosa buona" e li benedisse, e più recentemente Paolo VI: "Gli animali sono la parte più piccola della creazione divina, ma noi un giorno la rivedremo". Di qui muove De Benedetti per queste qinot (elegie), malinconiche ma vitali, in cui ricorda i gatti e gli altri animali che lo hanno accompagnato per un pezzetto di vita, canta il dolore per la loro perdita ed esprime la speranza o addirittura la certezza che chi ha camminato con lui non potrà scomparire ma tornerà accanto a lui. De Benedetti ricorda "Martino, gatto mio / tu credi ch'io sia Dio, / e mi guardi adorante / come fanno le sante", e poi: "Martino, gatto mio / ora tu sai chi è Dio / che ti ha rapito a me / senza dirmi perché / (
) / ora tu sai chi è Dio / in grembo a lui, lassù. / Ma io non lo so più"; ricorda Dove sei (è il nome), chiamato così anche da Dio, forse "Perché voleva / qualche cosa di morbido nel grembo, / fra tanti santi un poco soffocanti"; rimprovera l'Altissimo per la morte di Pentolino (gattina che si riempiva di cibo appunto come un pentolino): "Ma, scusami, Signore / se un po' con te ho rancore: / non ti basta il buon viso / di tutto il paradiso / per prenderci anche questa / piccola viva festa?"; persino lo ricatta: "e gli angeli quadrupedi che qui / ci rendono amabile la vita, / se non prometti che vedrò anche loro, / ti restituisco la resurrezione / e resto nel mai più sheol". I sobri disegni al tratto di Michele Ferri sono anche loro versi in immagini; in copertina si allunga un gatto-arco della pace in cielo.
Fernando Rotondo
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