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Giardini e no. Manuale di sopravvivenza botanica - Umberto Pasti - copertina
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Descrizione


II libro è un manifesto di resistenza botanica, personale e ironico, che partendo dalla polemica contro i giardini oggi di moda offre uno spaccato della nostra società. L'autore prende in considerazione i giardini dei collezionisti fanatici, ossessionati dalla rarità e particolarità delle specie al punto da scordarsi di trarre piacere dall'aspetto o dal profumo dei fiori; i giardini delle signore per bene, viziati da un'inventiva asfittica e meccanica, leccati e finti; i giardini miliardari, status-symbol e sfoggio di ricchezza, uno dei massimi esempi di non-giardino perché chi lo possiede non ha un briciolo di passione, e si affida a professionisti dal nome inevitabilmente inglese, i garden-designer; i giardini moreschi, che hanno sostituito il giardino giapponese nel trend esotista occidentale... Per fortuna, in questa valle degli orrori, ci sono anche piacevoli sorprese, come i giardini dei benzinai, quelle aiuole selvagge e imprevedibili, concimate dall'inquinamento, che per qualche bizzarria della natura danno vita a creazioni sorprendenti e toccanti.
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Dettagli

2010
24 marzo 2010
148 p., ill. , Brossura
9788845264603

La recensione di IBS

«Ricostruire un pezzetto del mondo fiorito: dovrebbe essere lo scopo di ogni giardiniere. Che dovrà iniziare con il cuore leggero e gli occhi bene aperti pur con la coscienza di quanto tortuoso, e faticoso, sarà il cammino da percorrere.»
Esercitare la vera arte del giardinaggio non è cosa semplice, né cosa per tutti, come ci racconta questo ironico, simpatico e irriverente manifesto di sopravvivenza botanica. Perché richiede di arrendersi fino al punto di dimenticarsi di se stessi: significa fondersi con qualcos’altro, con la natura che sta fuori di noi, ma anche e soprattutto con quella segreta che sta dentro di noi e che proprio nell’amore per il mondo vegetale può trovare il modo di esprimersi e di venire alla luce. Il giardino come metafora del suo creatore: ecco il motivo ispiratore del libro di un giornalista eclettico, botanico per passione, come Umberto Pasti.
Non è un semplice manuale, ma una lettura di più ampio respiro che ci guida in un viaggio pieno di colori e di profumi, tra specie vegetali note o poco conosciute, e ci restituisce al contempo un vivido e a tratti spassoso ritratto della società di oggi attraverso la descrizione dei suoi spazi verdi. Vagando tra le 150 pagine del volume, allietato dai raffinati disegni dell’illustratore parigino Pierre Le-Tan, ci perdiamo in una ricca galleria di giardini: c’è quello del collezionista e quello della signora della buona società; c’è il giardino “porno”, tutto un’orgia di infiorescenze che trasudano sensualità e carnalità, e quello di design, che fa tendenza; c’è l’aiuola che campeggia al centro della rotonda cittadina e quella che sopravvive al limitare dell’area di servizio del benzinaio. Ognuno è emanazione e specchio del suo creatore, riflette le sue aspirazioni, le sue competenze, le sue follie e le sue virtù. Accozzaglie di alberi “all’ultima moda”, spesso avulsi dalle tradizioni e dalle caratteristiche climatiche della realtà in cui vengono piantati, convivono con giardini da favola affidati dai facoltosi ma disinteressati proprietari alle cure di garden-designer di grido. Piccoli spazi soffocati da una miriade di bulbi e piante rare, su cui fanatici collezionisti di rarità botaniche concentrano le loro morbose attenzioni, convivono con lembi di terra marginali e negletti, dove, nonostante il disinteresse di tutti, la natura elargisce spontaneamente le sue bellissime creazioni.
E infine i parchi pubblici. Potrebbero essere i luoghi dove tutti scoprono e godono delle meraviglie naturali, sono invece diventati spazi impersonali dove il piacere è proibito e il verde inaccessibile. La denuncia di Pasti è accorata. I parchi delle nostre città sono spesso spazi senza dimensioni, ridotti alla cornice disastrata di vialetti disseminati di brutte panchine sulle quali è lecito solo sostare. Perché negli altri paesi europei le cose non vanno così? Perché anche in Italia non ci prendiamo cura dei nostri giardini, li proteggiamo dall’incuria e dal vandalismo che li danneggia e non li viviamo come luoghi di armonia, serenità, divertimento e, perché no, convegni d’amore?
La capacità di farti sentire davvero te stesso: ecco la dote principale del bel giardino. Spirito di osservazione, tenacia e audacia sono invece le qualità che deve possedere chi aspira a diventare un giardiniere, come ci spiega l’autore nell’ultima parte del suo saggio, dove riunisce consigli e un breve elenco utile di libri, quadri e oggetti legati all’universo vegetale. Sono queste le pagine più ricche di suggestioni, in cui si affollano reminescenze letterarie, artistiche e richiami ai grandi giardinieri del passato. Pagine vibranti e appassionate in cui Umberto Pasti ci svela la sua filosofia e invita tutti lettori a incontrare il giardiniere che è in noi: «Ecco l’unico consiglio che dò a chiunque. Incontra il giardiniere che è in te: facci amicizia. Poi pianta un giardino se ne hai la possibilità. Se no, qualche pianta nel terrazzo, qualche seme sul davanzale. Nel mondo dei distruttori è un dovere. E se proprio non puoi, identifica il luogo che è il tuo giardino e coltivalo con la fantasia.»

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Conosci l'autore

Umberto Pasti

0, Milano

Ha collaborato a “il Giornale” e a “La Voce” di Indro Montanelli con articoli sull’arte e sulla letteratura. Ha scritto di viaggi, di costume e di attualità su periodici italiani e stranieri (“Vogue”, “Elle”, “House and Garden”, “The World of Interiors”). Ha tradotto per La Tartaruga le lettere di Marcel Proust alla madre (1986). Esperto di ceramica islamica e appassionato di botanica, vive a Milano, a Tangeri e nei pressi di un villaggio nel nord del Marocco. Con Il Saggiatore ha pubblicato L’età fiorita (2000) e L’Accademia del dottor Pastiche (2008), per Bompiani invece Giardini e no (2010).foto: festivaldellamente.it

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