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Recensioni Il giglio bianco intinto nell'etere

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***** Il Giglio Bianco intinto nell’Etere ***** Andrea ha 82 anni e una vita incompiuta dietro le spalle quando varca il cancello di Villa delle Rose, la distinta e asettica casa di riposo per anziani in cui la premurosa nipote lo ha parcheggiato. Avrebbe voluto ribellarsi, sottrarsi a quel sottile supplizio, allo straniante senso di inutile attesa di una fine ormai inevitabile ma, come un fedele soldato di un esercito ormai sconfitto, non ha voluto, o saputo, dirle di no. Lo accolgono coetanei dall’apparenza mostruosa, la pelle gialla e maculata, gli occhi e la bocca ridotti a cavità oscure: volti stanchi, invecchiati, piegati sotto il peso degli anni e della vita. Sente che lo assalgono la solitudine di tanti pomeriggi passati, i fantasmi minuziosamente accumulati in anni di quotidiane sconfitte, il dolore che si trasforma lentamente in amarezza. Cerca sollievo in quel Dio che ha sempre amato, rispettato e mai compreso, ma, di fronte all’eterna impermanenza dell’esistenza, ogni sua certezza sembra vacillare. Rivede in Torquato, malato terminale che affronta ogni sofferenza con il sorriso sulle labbra, quella fede limpida e incrollabile che ha tanto inseguito, senza riuscire mai veramente a raggiungerla, a farla propria, ad assaporarla pienamente. I giorni trascorrono lentamente e Andrea conosce a poco a poco i propri compagni di sventura: il mite e razionale Ubaldo, il conflittuale Professore, l’apparentemente acida e altezzosa Adelina, l’intransigente Ermanno, l’ineccepibile Leandro, il mingherlino e schizofrenico Galileo. Protagonisti folli, imprevedibili, disperati ma al contempo umanissimi dell’eterna tragedia e della multiforme commedia di tutti i nostri interminabili giorni terreni. Come uno stagno in cui ciclicamente si ricrea la vita, quell’instabile e fragilissimo microcosmo si popola di sentimenti in apparenza perduti: Andrea vi ritrova la gioia e lo sconforto, la fede e la blasfemia, l’egoismo e l’amicizia e forse anche l’amore… Finalmente non ha più vincoli, né catene, nessuna regola o convenzione da rispettare: un’esistenza fatta di vuoto, il posto fisso da mantenere, un improbabile futuro da costruire non sono altro per lui che un ricordo ingiallito, consumato dal tempo. Il suo passato, il presente e il futuro sono racchiusi in un unico infinito istante, il battito d’ali di un calabrone che, contro tutte le leggi della natura, si ostina a volare, nelle calde luci del tramonto, prima che la notte lo avvolga nel suo abbraccio mortale... )
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