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Un libro le cui tematiche, legate all'attualità,non prescindono da una vera conoscenza dei sentimenti.Tre storie diverse ma collegate dal dolore, autentiche, vissute dall'autrice attraverso il racconto di donne bisognose di ascolto. Il realismo di Marilena Lucente è stemperato dalla capacità di descrivere con lucidità e partecipazione i caratteri dei personaggi che animano le sue storie. Non solo un libro bello, anche un libro che sarà utile a molti.
Non potevo escludere che il libro fosse stato una specie di inchiesta psico-sociale sulla fenomenologia del gioco d'azzardo, considerando campioni femminili, con le quote relative all'estrazione territoriale, ai livelli di istruzione, alle varie situazioni di reddito, all'età cronologica, ecc. insomma i dati empirici e le statistiche che fanno luce sul fenomeno. Beh, la mia non sarebbe stata una fruizione particolarmente difficile, perché avrebbe dipanato metodologie che, più o meno, conosco per i miei trascorsi lavorativi e per la mia formazione; ma non mi avrebbe dato il piacere e la percezione della verità profonda, che, invece, ho potuto cogliere leggendo Le Giocatrici. E' narrativa alta, che contiene naturalmente la conoscenza del fenomeno sociale nei grandi numeri, ma che diventa corpo e sangue di racconto, di storie avvincenti, di personaggi indimenticabili. La scrittura ha, peraltro, una marcata fisionomia di eleganza formale, nelle aggettivazioni, nelle associazioni e in tutti quei rapporti linguistici, che determinano molteplici connotazioni psicologiche. Si avverte un coinvolgimento emotivo caldo con i personaggi, lo sguardo è umano e il realismo, anche quando è più esplicito, non crea distacco. Io penso che si possa dire che Le Giocatrici sia un libro di sentimenti, mai di sentimentalismo, ed è una narrazione che parla di noi, del nostro tempo: delle contraddizioni, del disagio, dell'emarginazione e della violenza, senza effetti speciali. E parla, soprattutto, di derive nell'animo femminile con delicatezza, ma senza indulgenze e con la cognizione del dolore che hanno i veri scrittori. attilio del giudice
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