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Anno edizione: 1994
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È vecchio, malato, astioso e incattivito dalla vita, ma soprattutto dalla morte che si avvicina; il rumore dei suoi pensieri è un borborigmo della mente senza tregua: «La vecchiaia è un errore, un malinteso tra il corpo e lo spirito, tra il corpo il tempo. È un tradimento del tempo, un brutto colpo preparato poco per volta dall'innavertenza degli uni, la violenza degli altri, dall'amnesia di noi stessi, e dalla passione per le proprie radici e la propria origine.» È il momento della resa dei conti, di raccogliere quello che si è seminato, e da quello che si è seminato la risultante può essere paura, rabbia, rancore, solitudine e tristezza che strozzano il fiato e obnubilano la mente; una gran brutta compagnia per tutte le età, ma soprattutto per la vecchiaia. D'altra parte, se sei stato nemico di tutti per tutta la vita, non puoi pretendere che quelli che hai maltrattato sciamino empatici e supportivi al tuo capezzale a coccolarti nella tua agonia, e la cosa più onesta e coerente che puoi fare, è tirare fuori tutto il coraggio che ti è rimasto e continuare a fare il nemico di tutti fino in fondo, fino alla fine. E tutto torna su come un rigurgito acido che neanche il ricordo delle rare, dolci carezze riescono a diluire. Forse meglio leggerlo da giovani, questo libro scritto magnificamente, ma spietato nella sua crudezza di un fine vita a cui il protagonista arriva mal preparato, mal disposto e con livore esponenziale. D'altronde vivere a lungo non è garanzia o sinonimo né di saggezza né di preparazione mentale e spirituale all'ultimo miglio con sufficiente accettazione e serenità. Gran finale onirico!
Le ultime postille avvelenate di un vecchio arrivato alla fine dei suoi giorni destinate ai figli, agli amici, a sua moglie. Solo con il suo rancore e il suo orgoglio ferito, abbandonato da tutti, chiuso, immobile nel suo letto, grazie ad una consunta rubrica, cerca invano un contatto con l'altro. Nomi, indirizzi, numeri di telefono simboli di un mondo che non esiste più. Il rimpianto di aver lasciato Fes per Tangeri, i sentimenti mai espressi per paura di rovinarli, di renderli normali. Tahar Ben Jelloun consegna a noi lettori il ritratto autobiografico di un padre autoritario, prevaricatore, che ha voluto non solo condizionare, ma plasmare il modo di vivere dei suoi famigliari sulla base del propria concezione esistenziale. L'elegìa della solitudine, la storia di un uomo esacerbato dalla vita trascorsa. "La storia di un uomo ingannato dal vento, dimenticato dal tempo e schernito dalla morte".
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