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“Quei mille giorni sono stati come una serata. Ma non sono stati dimenticati.” (Ted Kennedy)
Mille giorni, quelli della permanenza di John Fitzgerald Kennedy alla Casa Bianca, che da cinquant’anni, ossia da quel drammatico 22 novembre del 1963, non smettono di far parlare e, soprattutto, di far scrivere.
Il libro del giornalista Mauro Colombo parte in prima battuta dalla ricorrenza di un evento epocale, di una data che chi ha vissuto con un’età minimamente consapevole ancora può ricordare.
Il secondo passo del suo lavoro è stato quello di andare alla ricerca di alcuni testimoni che vivono in Italia da molti anni, e cercare di capire attraverso i ricordi, le sensazioni, le emozioni che cosa è stato per loro Kennedy e che cosa ha rappresentato la sua figura, la sua personalità, la sua attività in primo luogo per gli Stati Uniti, ma anche per il mondo intero.
“Ho voluto cercare di comporre un mosaico che andasse a toccare tutti i tasselli dell’immagine e del lavoro del presidente cercando, con l’aiuto di questi contributi, di analizzare i lati prettamente politici, in campo interno e internazionale, tenendo presente che Kennedy è stato il primo presidente americano cattolico. Ma ho voluto anche sondare aspetti meno conosciuti della sua vita personale, della sua attenzione alla comunicazione e propensione per la cultura, avendo la possibilità di potermi interfacciare con degli interlocutori che potessero parlare con cognizione di causa, di queste singole tematiche”.
Una decina, infatti, sono i personaggi con cui l’autore si è confrontato a partire, dall’architetto Curtis Bill Pepper che sottolinea come “sia stato un cattolico, capace di unire tutti”, o come lo storico Melvin Robert Schlein che apprezza la capacità di JFK di “saper sempre trovare le parole giuste”, e ancora David Charles Unger che lo ha definito ”un americano amico dell’Europa”. Da ciò ne esce un interesse ancora vivo “un’emozione ancora molto presente, ci dice Mauro Colombo, tant’è che “alcuni degli intervistati hanno confessato che rispondere alle mie domande li ha obbligati ad aprire un cassetto di memorie che tenevano chiuso da tempo e che questa riapertura, in qualche modo, ha fatto anche un po’ male perché la ferita è ancora sensibile, sia sul piano personale, sia a livello della coscienza collettiva. Il sogno a cui faccio riferimento nel titolo, è da intendersi con un duplice significato: l’attentato a Dallas riportò bruscamente alla realtà le persone che erano state rapite dalle speranze che si erano accese con la sua elezione e, le considerazioni che le stesse persone furono costrette a fare quando si venne a conoscenza del fatto che sicuramente sia nella sua presidenza come nella sua vita vi siano state delle manchevolezze, degli errori e anche qualche punto oscuro".
In molti hanno cercato di andare a fondo nell'analisi della presidenza Kennedy e nel libro si sottolinea quanto ancora sia difficile trarre un bilancio complessivo di questo periodo. Molte cose che JFK aveva prefigurato e ideato sono poi state portare a compimento dal suo successore, Lyndon Johnson. La sua tragica morte gli ha impedito di concretizzare i progetti e in un certo senso lo ha anche preservato dal rischio di deludere i suoi sostenitori.
Le questioni della politica americana che Kennedy aveva dovuto affrontare non erano certo cose da poco. A partire dalle questione razziale, sulla quale il presidente maturò progressivamente una accresciuta sensibilità; non arrivò mai, però, a formulare provvedimenti concreti, convinto che la sua posizione politica non fosse sufficientemente salda. In politica estera dovette affrontare due criticissime situazioni: le conseguenze della “Baia dei Porci” e i missili a Cuba. Per quanto riguarda Cuba va ricordata la sua consapevole autorevolezza e grande leadership nel 1962 nel gestire la gravissima crisi apertasi a causa del duro confronto con l’URSS sulla installazione di missili. Sul Vietnam era comunque abbastanza certo che al ritorno da Dallas avrebbe dato ordine di ritirare i consiglieri militari americani dal sud est asiatico, un fronte che stava diventando sempre più pericoloso. Ma da quella visita nel Texas Kennedy non tornò.
Non mancano le pagine che riguardano gli intensi rapporti, solamente epistolari, fra Kennedy e Giovanni XXIII. Non ebbero mai modo di incontrarsi personalmente ma questa loro “conoscenza” è stata ben rappresentata, almeno per il nostro paese, dalla una famosa prima pagina del settimanale ”La Domenica del Corriere”, dove il grande disegnatore Walter Molino li raffigurò insieme come i due grandi seminatori del 1963 - anno, peraltro, che vide la morte di entrambi.
A cura di Wuz.it
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