L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
Promo attive (0)
Giovani a scuola: un tema scontato, che non può riservare più sorprese? O un tema ad uso di un'informazione monotona, scandalistica, curiosa solo del tanto conclamato bullismo? Non si direbbe, a leggere l'inchiesta curata da Alessandro Cavalli e da Gianluca Argentin, che dà un quadro documentato non solo delle difficoltà e delle esigenze dei giovani a scuola, ma anche della scuola stessa, in cerca di una propria identità in questa fase di espansione delle offerte formative, disordinata e a volte controproducente, ma comunque ricca di potenzialità.
In una società che tende drammaticamente ad invecchiare c'è tra i giovani, sottolinea Alessandro Cavalli, un diffuso sentimento di malessere; si direbbe che gli studenti avvertano che l'istituzione scolastica imponga loro uno scambio diseguale: richiede per sé un parte consistente del loro tempo di vita, ma non lo riempie di senso, né dà quel qualcosa in più che differenzi la dimensione scolastica dal complesso della vita sociale e ne faccia un punto alto di trasmissione di valori e neppure, infine, fornisce in maniera adeguata le competenze tecnico-specialistiche necessarie per affrontare un mondo del lavoro senza confini. A questo proposito è particolarmente allarmante il raffronto tra i risultati della scuola italiana e la richiesta di formazione dell'ambito europeo: le ricerche promosse a livello internazionale dall'Ocse (la rilevazione Pisa del 2003) evidenziano che i quindicenni italiani risultano al penultimo posto in fatto di comprensione della lettura, di cultura scientifica e soprattutto di cultura matematica. E' un dato che certo non va preso come una condanna senza remissione, ma quanto meno dovrebbe far riflettere il fatto che in questa situazione i giovani italiani sono e saranno decisamente svantaggiati nei confronti dei loro coetanei di altri Paesi nella ricerca di un lavoro qualificato. Anche perché il dato di fondo che emerge dall'indagine di Alessandro Cavalli e Gianluca Argentin dimostra che la scuola italiana non interviene in maniera significativa sulle disuguaglianze culturali prodotte dalle condizioni sociali di provenienza dei giovani e quindi non favorisce una significativa mobilità sociale. Priva di un adeguato sistema di orientamento in entrata (alcune delle pagine più interessanti del volume, quelle dedicate ai drop-outs, documentano addirittura un'attività di disorientamento messa in atto all'uscita della scuola media) la scuola secondaria superiore coltiva e riproduce l'esistente socio-culturale, amplificandone gli aspetti negativi: la differenza tra sistema dei licei e quello dell'istruzione e formazione tecnico-professionale si fonda più sulla diversità della provenienza sociale degli studenti che sui diversi obiettivi formativi dei corsi di studi. L'istruzione professionale in Italia è con tutta evidenza un percorso scolastico di serie inferiore rispetto ai licei. L'indagine in questione si occupa di questo problema e delle sue conseguenze con ampiezza di riferimenti e di argomentazioni; devo dire che dedica molto meno cura al sistema dei licei, visti sempre come un tutto unico, mentre la realtà di questo settore scolastico è molto più diversificata e ricca di implicazioni anche nel rapporto con gli insegnanti (tra l'altro mi pare che insistere troppo sulla categoria della "femminilizzazione" sia abbastanza riduttivo). Questo approccio un po' rigido, presente praticamente in tutti i saggi, non aiuta molto a comprendere un altro grave problema della scuola italiana, cioè la sua scarsa capacità di produrre cultura e stimoli culturali.
Eppure i giovani desiderano imparare: è questa una delle sorprese dell'inchiesta più degne di attenzione e penso che si tratti di un punto di partenza molto importante per una nuova visione della scuola capace di stimolare processi di autoformazione dei giovani. La pari dignità tra diversi percorsi formativi possibili, che ha i contorni di una sgradevole ipocrisia se permane nella pratica didattica la centralità del programma, diventa credibile se viene messa in atto la centralità dello studente, della sua formazione con l'obiettivo del possesso di un buon livello di competenze ed abilità, condizione essenziale per quella formazione lungo tutta la vita (lifelong learning) che è sempre più uno dei principali fattori di inclusione sociale.
All'opposto di una scuola che escluda (drammatico e bellissimo il documento, scritto da uno studente, che apre il saggio sull'abbandono) questa indagine ci dice che è possibile offrire ai giovani una scuola seria, stimolante, capace di produrre motivazioni culturali, ricca di umanità: obiettivo non semplice, ma se molti insegnanti, uomini di cultura ed esponenti politici troveranno in questa ricerca stimoli per impegnarsi, questo traguardo non sarà irraggiungibile.
Vincenzo Viola
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore