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Gisella, orfana di padre e di madre, vive con gli zii che l'hanno accolta dopo la morte dei genitori. Per sdebitarsi, aiuta in casa a sbrigare i lavori domestici e fa anche da segretaria allo zio commerciante. Trattata alla stregua parente povera possiede, come unica ricchezza, la bellezza, che non esita a esibire ad ogni occasione, seducendo sia lo zio sia altri conoscenti e cercando di arrivare a un buon matrimonio che le permetta di vivere da signora. In realtà alla fine sposa un “brutto anatroccolo”, Antonio, impiegato di banca che sarebbe diventato con il tempo direttore. Così è costretta a convivere con la suocera, che prende il comando della casa e gestisce l’intero stipendio del figlio (“gli uomini la guerra la fanno con le mitragliatrici e i cannoni … le donne sono implacabili. Le guerre se le fanno tra di loro”). Si adatta, comunque, e partorisce un figlio, Filippo, che cresce in armonia con la madre e illumina la sua scialba vita. Lei e il marito passano indenni attraverso il fascismo (entrambi prenderanno la tessera del partito) e poi nei duri anni del Secondo Conflitto Mondiale, in cui Antonio si salva solo per essersi imboscato (“le guerre si perdono anche quando si vincono”). Verso la fine del romanzo, ritroveremo Gisella, ormai anziana, in cui gl’istinti giovanili si sono placati e che ora desidera vivere come una tranquilla signora, in una casa di proprietà alla periferia di Firenze, dimentica delle avventure e disavventure giovanili. Nel frattempo il marito è morto e il figlio Filippo, sposatosi, le darà un nipotino. Gisella è una non risplendente figura della piccola borghesia: è guardinga, diffidente, opportunista e pronta ad avvalersi di ogni situazione in cui si trova. Anche il romanzo non fa parte della miglior produzione letteraria di Cassola: la trama è debole e i personaggi scialbi. E’ molto meglio la Giselle del balletto romantico di Théophile Gautier, che ebbe un successo strepitoso all’Opéra National de Paris nel 1841.
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