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Ho finito da poco di leggere questo libro. Mi è piaciuto molto perché mette in luce, a mio avviso, due cose molto importanti, il fenomeno mafioso attuale e il guardare da vicino coloro che lottano in prima persona per combattere la mafia. Credo che questi, oltre al trovare una "soluzione" per sconfiggere la mafia, siano stati gli scopi che hanno portato l'autore a scrivere questo libro-intervista. Molto interessante!
Libri su "Cosa nostra" ne sono stati scritti tanti, ma questo ha un valore particolare per diverse ragioni. Innanzitutto perché, sia pur sotto forma di interviste, narra le storie di diversi magistrati che operano o hanno operato presso la sede di Caltanissetta (e vale la pena di ricordare qui i loro nomi: Giovanbattista Tona, Sergio Lari, Antonino Patti, Domenico Gozzo, Onelio Dodero, Ottavio Sferlazza), sede ben a ragione considerata "di frontiera" sia per le difficoltà ambientali sia per la cronica carenza di organico che affligge le Procure. In secondo luogo perché di questi magistrati non descrive soltanto l'attività di contrasto alla malavita, ma ne racconta la vita privata pesantemente condizionata dalle esigenze della protezione loro e delle loro famiglie. Infine, "last but not least", ci fornisce una quantità insolita di informazioni su Cosa nostra al di fuori della zona di Palermo e sul fenomeno della "stidda", cioè di quella degenerazione della malavita organizzata che ha seminato di cadaveri la città di Gela e l'agrigentino. Nel libro c'è un accento di speranza quando si dice che "le cose sono cambiate molto rispetto al passato: si sta ramificando il rispetto verso le istituzioni". E questo nonostante la campagna di delegittimazione messa in atto da una certa parte politica verso la magistratura.
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