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Nonostante la mole questo libro potrebbe essere considerato una glossa a margine de "Il mito dell' eterno ritorno" di Eliade, secondo il destino dipico della cultura italiana: le grandi opere, le grandi scuole, le grandi teorie vengono puntualmente sviluppate all'estero, ma noi ci sentiamo poi chiamati a sancirne o meno la validità, magari usando come pietra di paragone un'ideologia precostituita: idealismo crociano, ortodossia cattolica o, come in questo caso, marxista. A Eliade - ma anche a Frobenius - l'autore rimprovera l"'irrazionalismo", cui contrappone cio' che sencondo lui è per eccellenza "razionalismo", cioè i principi dello storicismo materialistico-dialettico: ne esce una visione parziale e meschina delle civiltà primitive (e della società umana in generale), tutta incentrata sulla predominanza del momento utile ed economico su ogni altra attività culturale. Vittorio Lanternari, classe 1918 (ma chissà perchè la nota editoriale sull'autore preferisce non menzionare l'anno di nascita), sicuramente uno dei decani dell' etnologia italiana, risulta un po' patetico nella introduzione a questa nuova edizione, in cui ribadisce giudizi e polemiche (prima tra tutte quelle contro la "collana viola" di Einaudi) che avevano sicuramente senso mezzo secolo fa, ma che ora apprtengono alla storia. Ma a questo proposito è infinitamente piu' patetico Sanguineti nella prefazione, in cui aggiorna la lista degli autori "irrazionalisti" mettendo in guardia "i giovani" dai pericoli di Tolkien. Difficile dare un voto a questo libro: direi 1 per la povertà di prospettive, 3 per la leggibilità, 5 per la ricchezza di materiale documentario.
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