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Questo film rappresenta bene uno spaccato della generazione statunitense del ’68: i reduci della cosiddetta contestazione giovanile. Questa pellicola cinematografica potrebbe essere fraintesa pensando ad essa come a una narrazione del fallimento del ’68; in realtà, io penso che ne descriva bene gli amari frutti. Un gruppo di amici si riunisce in occasione dei funerali di un loro comune amico (Alex) che si è suicidato tagliandosi i polsi nella sua vasca da bagno e nessuno di loro riesce a capire il motivo di questo suo gesto: “Sapevo che era infelice, ma non credevo che lo fosse a tal punto”, afferma l’amica Sara. Ma la frase più triste e significativa la pronuncia Chloe, la fidanzata di Alex, quando gli si chiede se avesse notato qualcosa che potesse far pensare che Alex fosse a tal punto infelice: “Non ho incontrato molta gente felice in vita mia. Come si comportano?”. Ancora più pregno di significato è il discorso di Nick, lo psicologo tossicodipendente: “Siamo tutti soli, là fuori. […] Sono stufo di gente che svende la sua psiche per un po' di attenzione. Lui (Alex) aveva più classe.” A questo segue la risposta, terribile, di Sara: “Già. È stato proprio di classe, quello che ha fatto nella vasca.” Il racconto della “rimpatriata” tra amici scorre così all’insegna di un profondo vuoto esistenziale e di un angosciante senso di insoddisfazione che i protagonisti cercano di colmare ad ogni costo con sesso, adulteri, droghe e tutto il campionario offerto dalla decadente società occidentale. Correva l’anno 1983 e tutto intorno a noi, obnubilati dal consumismo e dall'edonismo della società liberista di massa, crollava.
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