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Grande impresa e sviluppo italiano. Studi per i cento anni della Fiat - copertina
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Descrizione


Si tratta di un'opera dedicata alla vicenda complessiva della maggiore impresa italiana. L'asse attorno a cui ruotano gli studi è costituita dalla Fiat, come emblema della grande impresa, e dal suo ruolo nella dinamica dello sviluppo economico e civile della società italiana. I contributi qui presentati si misurano perciò con dimensioni sia interne alla storia dell'impresa sia esterne, inerenti all'interazione dell'azienda con l'industria, l'economia e la società. Nell'insieme, viene offerto un profilo dettagliato ed essenziale non solo per ripercorrere la storia della Fiat, ma per comprendere la configurazione del tipo di società che ha preso forma nell'Italia del Novecento.
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Informazioni:

Titolo: Grande impresa e sviluppo italiano Studi per i cento anni della FIAT - completo in 2 voll. in cofanetto editorialeAutore: a cura di Cesare Annibaldi e Giuseppe BertaEditore: il MulinoData: 1999Studi e ricerche 433, due volumi, bross. edit. ill. in cofanetto edit. figurato, minime fioriture ai tagli, OTTIME CONDIZIONI

Immagini:

Grande impresa e sviluppo italiano. Studi per i cento anni della Fiat

Dettagli

1999
2 voll., 824 p.
9788815070883

Voce della critica




Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Tra fabbrica e società. Mondi operai nell'Italia del Novecento, Feltrinelli , 1999
Annibaldi, Cesare (a cura di) \ Berta, Giuseppe (a cura di) , Grande impresa e sviluppo italiano. Studi per i cento anni della Fiat, Il Mulino , 1999
Gianotti, Lorenzo, Gli operai della Fiat hanno cento anni, Editori Riuniti , 1999
recensioni di Scavino, M. L'Indice del 1999, n. 07

C’era una volta la storia del movimento operaio. Era un campo di studi nobile, anche se forse in Italia viziato da approcci troppo attenti alle vicende politiche delle organizzazioni e meno a quelle delle persone e dei gruppi sociali, mentre altrove (soprattutto nel mondo anglosassone) il concetto di labour history offriva una diversa profondità di analisi. Ma si trattava comunque di un genere al quale erano dedicate molte energie dalla comunità degli studiosi. Nel volgere di pochi anni questi temi sembrano aver perso gran parte del loro interesse pubblico. Stefano Musso, nell’introduzione al ponderoso annale della Fondazione Feltrinelli, affronta una crisi che non è dovuta "tanto a impasse di orientamento e prospettive di ricerca, quanto piuttosto a un forte calo di interesse che ha attraversato, in una circolarità di influenze reciproche, tanto i mezzi di comunicazione quanto il pubblico colto e il mondo accademico". Per la verità, sembra trattarsi più di un fenomeno italiano che internazionale, ma certo il problema esiste e in qualche modo questo volume collettaneo ne è un’espressione fedele.

Può essere utile un confronto con l’annale che più di venti anni fa la stessa Fondazione aveva dedicato a questi temi. Si era allora all’apice dell’interesse pubblico per le lotte operaie e il mondo del lavoro, ma al centro della riflessione erano posti solo i Problemi del movimento sindacale in Italia dal 1943 al 1973, con una scelta molto netta, chiaramente argomentata nell’introduzione da Aris Accornero, secondo cui nonostante tutto – cioè nonostante le spinte "‘basiste’ e antiistituzionali" emerse nel biennio 1968-69 contro "le ricostruzioni istituzionali e ‘verticistiche’" – la storia del movimento operaio doveva continuare a essere sostanzialmente la storia delle sue organizzazioni e del rapporto dei lavoratori con esse.

Quantum mutatus ab illo! Oggi non si parla più di sindacati, ma di Mondi operai nell’Italia del Novecento. Si parla delle diverse esperienze dei soggetti sociali, delle donne, delle strategie aziendali, delle gerarchie di fabbrica. Si dà ampio spazio agli studi di caso (il volume è diviso in due sezioni: Temi di storia del mondo del lavoro e Mondi operai. Studi di caso). Non si pretende di fornire interpretazioni generali, ma si ricostruiscono contesti specifici, con saggi vari e tutti interessanti. E questo è senz’altro un bene: si privilegia la storia sociale e non si esaurisce il tema del lavoro nell’analisi delle sue forme di organizzazione sindacale e politica. D’altra parte, però, il tutto appare anche più occasionale e privo di un baricentro, come se si fosse rinunciato a priori a una riflessione d’insieme, dopo aver abbandonato il classico paradigma del conflitto sociale che a lungo era risultato dominante in questo campo. Problema che risulta particolarmente evidente nell’assenza di periodizzazioni interne a questo lungo Novecento operaio, non più scandito dalle date "topiche" delle lotte industriali e delle ristrutturazioni produttive, delle crisi e delle rotture violente degli equilibri. Ma davvero si può rinunciare ad assumere – per esempio – il biennio 1968-69 come un momento di svolta decisivo in questa vicenda? Non dal punto di vista politico e sindacale, ma da quello più generale delle condizioni di vita e di lavoro, delle mentalità collettive, dei rapporti sociali.

Non mancano certo di un baricentro, invece, i due volumi curati da Annibaldi e Berta sulla Fiat. Anzi, è piuttosto evidente come – di fronte alle difficoltà della labour history – la storia dell’impresa tenda oggi a presentarsi direttamente come storia nazionale, capace di offrire chiavi di interpretazione dello sviluppo della società italiana assai più efficaci di altre. E di comprendere al suo interno anche il dato del conflitto operaio (studiato qui ancora da Stefano Musso, con un poscritto di Cesare Annibaldi) e delle ideologie che si contrapposero all’azienda (con un saggio di Giuseppe Bonazzi sulle ricerche e le tesi sociologiche a partire dal 1955). È significativo che quest’ope- ra – come avvertono i curatori nell’introduzione – non voglia essere una storia della Fiat, ma punti direttamente a indagare "il ruolo a cui essa ha assolto nella dinamica dello sviluppo economico e civile della società italiana", con una serie di saggi tra loro anche molto distanti, dedicati non solo alle strategie aziendali, ma anche all’automobile come prodotto-guida della seconda rivoluzione industriale (David Landes), alla nobiltà piemontese tra Otto e Novecento (Gian Carlo Jocteau), al "vallettismo" come filosofia di organizzazione (Franco Amatori), alle suggestioni del "modello Fiat" nella cultura nazionale (Ernesto Galli della Loggia). È una operazione culturale di vasto respiro, che si può condividere o meno, ma che è sotto gli occhi di tutti.

Alla ricorrenza del centenario Fiat fa riferimento anche il titolo del libro di Gianotti, ma si tratta di poco più che un escamotage editoriale, perché alle vicende fino al 1945 è dedicato solo un breve capitolo iniziale. Per il resto il volume tratta delle lotte sindacali del dopoguerra e riprende due precedenti lavori dell’autore, spingendosi però sino agli anni ottanta e oltre. Utile come ricostruzione generale dei fatti, il libro è gravato però da giudizi perentori che ripropongono – senza alcuna discussione critica – il punto di vista di una parte del Partito comunista negli anni settanta. Qui, davvero, l’interpretazione è a tutto tondo e non conosce cautele storiografiche. Siamo nel solco della più tradizionale ricostruzione delle vicende operaie, agli antipodi dell’annale Feltrinelli e – su un altro versante – dei due volumi sulla Fiat. Qui è ancora la passione politica a guidare l’indagine. Il che può essere apprezzabile, ma certo non aiuta ad andare verso quel rinnovamento degli studi sul movimento operaio che pure appare indispensabile, almeno a chi non crede che il "lavoro" sia solo una variabile secondaria dello sviluppo economico e sociale. Forse la labour history ha ancora qualcosa da insegnare, se applicata seriamente.

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