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Grr... Grammelot. Parlare senza parole dai primi balbettii al Grammelot di Dario Fo - Alessandra Pozzo - copertina
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Descrizione


Il grammelot è un linguaggio teatrale inarticolato fatto di suoni piuttosto che di parole. Si tratta di un'espressione confusa, un gioco linguistico che prende forma imitando le sonorità di una lingua deformandole. Può essere usato in tutti i tipi di spettacolo, ma si presta soprattutto alla parodia e alla caricatura, quindi al genere comico. Lo studio dei linguaggi confusi, espressioni vocali a mezza strada tra segno e lingua, ha interessato la storia del pensiero ancor prima di Aristotele, per arrivare fino ai linguisti e agli psichiatri dei nostri giorni. I linguaggi confusi possono essere trasgressioni alle regole della lingua, ma possono anche situarsi ai limiti della razionalità, come avviene in alcune glossolalie mistiche o patologiche.
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Dettagli

1998
1 gennaio 1998
192 p.
9788849110241

Voce della critica


scheda di Vindrola, A. L'Indice del 1999, n. 07

Fra gli innumerevoli libri dedicati all'opera di Dario Fo dopo il Nobel, questo saggio di Alessandra Pozzi è indubbiamente il più originale, e non a caso si situa in modo marginale nella pubblicistica teatrale. Il grammelot ideato da Dario Fo viene infatti analizzato secondo rigorosi modelli linguistici e semiologici, che consentono di collocare questa lingua inventata nel solco dei linguaggi confusi, ideati prevalentemente con la funzione di trasgredire alle regole della lingua. Trasgressione che, quando è volontaria, ottiene un evidente effetto comico, complice l'interazione con l'ascoltatore-spettatore chiamato in causa per decrittare quella che Barthes definiva "la musica del senso" ma anche per cogliere al volo i riferimenti socio-culturali che spesso sono, nell'uso teatrale di una lingua inventata, il bersaglio. Pur offrendo un'ampia cornice all'analisi del grammelot, che inizia dalla rassegna degli antecendenti storici e teatrali dei linguaggi confusi per arrivare alle sue manifestazioni patologiche, a quelle mistiche e infine al balbettio dell'espressione prelinguistica infantile, in termini più strettamente teatrali il libro di Alessandra Pozzi ha il pregio di fare piazza pulita dell'uso improprio - anzi, più che improprio confuso - che si fa del termine "grammelot". Il grammelot, infatti, per definizione dello stesso Fo, è un linguaggio non articolato in parole, non convenzionale, che si avvale anche di un sistema mimico e gestuale parallelo a quello sonoro per favorirne l'interpretazione. Non deve perciò essere confuso con la miscellanea di dialetti - ben presente anche nel teatro di Fo come miscuglio di lombardo, veneto, piemontese - con cui talvolta è stato identificato; i dialetti e i gerghi, semmai, vanno considerati una fra le tante lingue di riferimento su cui il grammelot si innesta, e che possono variare dando vita a innumerevoli forme differenti di grammelot. Che è, in sostanza, una vera forma creativa, ricca di codici e livelli di senso ai quali lo spettatore deve fare continuamente appello e che suscitano, quando vanno a segno, una comicità densa di significati.

(A.V.)

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