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Anno edizione: 2019
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Una bambina non riconosce il padre di ritorno dalla guerra. Ma non perde la levità dell'infanzia, grazie alla spensieratezza che il nonno e i compagni di giochi le sanno regalare. Da una grande scrittrice un ritratto familiare, un pezzo di quotidiana difficoltà del vivere.
Mio padre bussò alla porta sul ballatoio, mia madre gli aprì, io arretrando cercai rifugio nell'angolo più lontano della stanza e cominciai a piangere per paura di quello sconosciuto. Accorse la nonna, che mi prese in braccio e per tranquillizzarmi cominciò a sussurrare che quello era il mio papà, che era finalmente tornato da tanto lontano, che dovevo dargli un bacio perché mi voleva bene e anch'io dovevo volergliene.
Una bambina conosce e non riconosce il padre di ritorno dalla Russia e vive le difficoltà del periodo bellico tra razionamenti di cibo, necessità di sfollare e bombardamenti. Ma non perde tuttavia la levità dell'infanzia, sapendo cogliere, in un momento tutt'altro che dorato, l'ironia, la gioia e la spensieratezza che il nonno, i compagni di giochi e di asilo sanno regalare. Un racconto emozionante e al tempo stesso ironico e pieno di disincanto che ripercorre aneddoti e situazioni ordinarie per chi ha vissuto la propria infanzia negli anni della Seconda guerra mondiale e nel primo dopoguerra. Una Torino industriale e raccolta, ancora circondata da una cintura artigiana e contadina, è lo sfondo su cui intervengono, insieme ai personaggi, i piatti della memoria, la panada, o, zuppa di pane raffermo a lunga cottura necessaria per riportare in vita un papà spogliato delle forze e dell'anima, il pinzimonio, vezzo del nonno in visita, il baracchino, ovvero il pranzo portato da casa all'asilo, la panissa, con il riso protagonista. Un ritratto familiare che ci fa entrare in punta di piedi nella vita di una delle maggiori scrittrici italiane contemporanee.
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