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Quali sono i film che occorre assolutamente avere nella cineteca di casa o almeno conoscere per dimostrare in modo inconfutabile di possedere una cultura cinematografica di base all'altezza della situazione? Gianni Volpi - studioso di cinema che nel corso della sua attività professionale è o è stato, tra le altre cose, direttore e collaboratore d'importanti riviste italiane e straniere, direttore di festival, curatore di programmi televisivi per reti satellitari o via etere, docente e storico del cinema - cerca di dare il suo contributo in questa direzione indicando i mille film che, a suo parere, hanno segnato oltre un secolo di vita delle immagini in movimento. Mille titoli possono essere tanti come pochi per delineare il percorso di un'invenzione che ha inciso profondamente sulla cultura e la società contemporanea, ma sono comunque sufficienti per far comprendere a chi legge la ricchezza e la complessità di un'entità multiforme e cangiante.
I film non vengono proposti nel solito arido ordine alfabetico (anche se il lettore può comunque avvalersi di questo tipo di catalogazione facendo ricorso all'apposito indice collocato a chiusura del volume), ma sono invece raggruppati in sei capitoli cui spetta il compito di descrivere dal punto di vista cronologico l'evoluzione dello spettacolo cinematografico: il muto, gli anni trenta, gli anni quaranta e cinquanta, gli anni sessanta, gli anni settanta e ottanta, dopo il '90. All'interno di ogni sezione vi sono poi ulteriori suddivisioni in paragrafi che sono di volta in volta incentrati su differenti pertinenze: momento storico, nazionalità, divismo, genere, stile, regista, movimenti ecc. Per ogni voce l'autore ha spesso combinato l'approccio critico con l'apporto proveniente da altri ambiti culturali e con il pensiero degli stessi protagonisti, vuoi in veste di testimoni diretti del proprio lavoro, vuoi come recensori di quello altrui: ciò significa che, ad esempio, una valutazione del critico cinematografico Serge Daney è affiancata a un intervento di Jean-Paul Sartre, a un racconto autobiografico di Robert Flaherty e a un giudizio di Rainer W. Fassbinder su Come le foglie al vento (1957) di Douglas Sirk.
Il libro "non vuole essere una storia del cinema d'Autore, ma una summa di ciò che è stato e forse ancora è il cinema", scrive Volpi nella breve introduzione. E la migliore conferma a queste parole viene proprio dalla scelta di adottare un approccio alla materia scientificamente assai rigoroso e tuttavia non specialistico, rendendo così la lettura gradevole e stimolante sia per gli addetti ai lavori, sia per i semplici appassionati. Piace poi la scelta di chiudere ogni sezione con la segnalazione di alcuni "fuori formato", film che pur non aderendo, sul piano della durata come su quello stilistico, agli standard produttivi dominanti costituiscono però momenti salienti nell'evoluzione dell'arte cinematografica. Il fatto che tali opere non siano presenti in coda all'ultimo capitolo pare il segno inequivocabile di una crisi che, senza assumere i toni apocalittici evocati da Goffredo Fofi nella prefazione, attraversa comunque oggi l'universo delle immagini in movimento.
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