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2000
1 gennaio 2000
200 p.
9788886928366

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Giampiero
Recensioni: 2/5

L'autrice affronta il tema da un punto di vista molto personale, poco obiettivo e traduzione poco comprensiva

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Voce della critica


recensioni di Millo, A. L'Indice del 2000, n. 10

La tempestiva traduzione italiana del libro della giornalista austriaca Christa Zöchling viene incontro al bisogno di informazione tanto del lettore comune, interessato a un approfondimento oltre l'urgenza della cronaca, quanto dello studioso, che vi troverà utili spunti di riflessione sui magmatici processi che attraversano la società attuale nell'epoca del dispiegarsi del mercato unico e della difficile costruzione dell'unità europea.
Il caso Haider si può infatti considerare come il risvolto austriaco, da un lato, di una più generale crisi della sovranità politica - che, con modalità diverse da paese a paese, mette in difficoltà lo Stato nazionale e i partiti politici tradizionali - e, dall'altro, di una crisi della rappresentanza degli interessi. Il libro ne dà conto in un'accurata e minuziosa ricostruzione - non sempre di agevole comprensione per il lettore italiano, in genere scarsamente edotto sulle vicende della vicina repubblica - che segue passo dopo passo l'ascesa del leader salisburghese sullo scenario tra Vienna e la Carinzia. Il quadro che emerge è quello di una progressiva erosione del sistema politico austriaco, giunta al suo compimento in questi ultimi anni e attribuibile alla volontà di cambiamento dell'elettorato. Ciò che gli elettori sembrano rifiutare sottraendo consensi ai due partiti fino ad allora dominanti, il socialdemocratico e il cristiano democratico, è la pratica del Proporz, una rigida regolamentazione nella spartizione dei posti pubblici, dalle cariche più elevate nell'industria statale, nella burocrazia, nel sindacato, fino all'assegnazione a elettori e seguaci dei posti negli asili e nelle case popolari.
Alla guida dei liberali fin dal 1986, Haider aveva impresso al piccolo e minoritario partito una più decisa sterzata a destra verso temi nazionalistici venati di razzismo, che aveva avuto come effetto la rottura della collaborazione al governo (iniziata tre anni prima) con i socialdemocratici e l'espulsione della Freiheitliche Partei Österreichs dal gruppo internazionale dei liberali. Qual è la base sociale ed elettorale che ha scelto l'aggressivo, ma talora anche sfuggen-
te, Haider per esprimere la
sua protesta, facendo crescere i consensi della Fpö nella seconda metà degli anni novanta dall'1% al 27% dei voti? Tutto interno agli sviluppi della vita politica austriaca, il punto di vista del libro non offre interpretazioni su questi aspetti, limitandosi ad affermare che questa base sarebbe composta da lavoratori e da operai in passato socialdemocratici. Restano aperti gli interrogativi tra una possibile connessione, certo complessa, tra politica ed economia, sulle trasformazioni subite nel recente passato dall'economia austriaca, sull'insicurezza diffusa dall'avvento del mercato unico, sulla risposta regressiva costituita dal riemergere del nazionalismo, della xenofobia e finanche di un mai sopito antisemitismo.
Se il modello politico austriaco era entrato in crisi ancor prima, l'accelerazione di questa crisi si determina successivamente al 1995, data dell'ingresso dell'Austria nell'Unione europea, un organismo sovranazionale, ancor oggi non legittimato dalla volontà democratica, dal quale le classi politiche nazionali si vedono sottrarre decisioni di lungo periodo. È questa contraddizione, reale e non fittizia, a rendere la Commissione di Bruxelles un bersaglio particolarmente esposto alla rozza propaganda haideriana. Ad alcune di queste ultime implicazioni si richiama Lucio Caracciolo nella sua prefazione al libro, che costituisce un importante correttivo a una tesi tutta legata a una chiave di politica interna come quella fatta propria dall'autrice. Nella crescente difficoltà dello Stato e della politica nei confronti dell'economia, nella situazione ancora in evoluzione in cui non si manifesta una nuova classe politica, è comparsa in Austria una figura come quella di Haider che, introducendo elementi di forte personalizzazione della competizione, sembra voler sostituire (almeno finora) propri attributi carismatici ai tradizionali strumenti clientelari della classe politica finora al governo.
Il personaggio di Jörg Haider nasce nella specificità della società austriaca e nel suo rapporto, non sempre limpido, con il passato dell'annessione alla Germania e degli anni della seconda guerra mondiale. In questo senso le pagine più significative del libro mi sembrano quelle che ricostruiscono l'infanzia e la prima giovinezza dell'attuale presidente della Carinzia, non tanto per i non dimostrabili connotati psicologici comuni al bambino di ieri e all'uomo di oggi, quanto per la puntuale descrizione dell'humus familiare e sociale in cui egli si è formato. Nato nel 1950, figlio di un calzolaio aderente prima alla gioventù hitleriana, in seguito al partito nazionalsocialista, poi funzionario del regime durante l'Anschluss e sottoposto dopo il 1945 a procedura di denazificazione, il giovane Jörg cresce in una cerchia che resta saldamente ancorata ai suoi sentimenti nazionalistici. Aderente fin dall'adolescenza ad un'associazione studentesca che si preoccupa di mantenere viva la fede nel "sacro Reich tedesco", tutta la sua socializzazione appare compiersi all'interno di un reticolo di relazioni fortemente chiuso nella sua autoreferenzialità, che si alimenta di una carica di rancore e di frustrazione per la propria non accettabilità nell'ambiente sociale esterno. Le modeste origini non gli impediscono tuttavia di intraprendere gli studi fino alla laurea, preludio di una carriera universitaria subito interrotta a favore della vocazione politica. Il giovane Haider ritiene infatti che l'ascesa sociale sia bloccata in Austria per chi non dispone delle necessarie relazioni di status e di potere con i partiti al governo, e in questo senso non mancherà di esprimere la sua riprovazione nei confronti della cosiddetta "generazione del sessantotto", quella a cui per motivi anagrafici dovrebbe appartenere anche lui, generazione che dalla sua militanza nella sinistra è approdata a posizioni elevate nella vita pubblica. La sua scelta di impegno non può che indirizzarsi verso quel partito liberale, di cui anche il padre negli anni cinquanta era diventato un piccolo funzionario, che raccoglie i nostalgici del passato e del presente, e che sotto la sua guida diverrà ancor più radicale. Nel 1991, nominato una prima volta alla presidenza della Carinzia, Haider deve lasciare la carica per aver pronunciato una frase che, non casualmente, si riferisce alle benemerenze del Terzo Reich nel campo della politica del lavoro.
Ora che l'avvento del mercato unico suscita ansia e insicurezza nel corpo sociale e sembra rendere davvero per i giovani più importanti il merito e le competenze che non lo status, sarà interessante vedere se Haider e il suo partito sono capaci soltanto di blandire gli elettori o se, dalla guida del governo regionale e nazionale in cui ormai siedono, sapranno rivolgersi alla società austriaca con modalità nuove rispetto a una riedizione del vecchio Proporz, da cui finora erano rimasti esclusi.

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