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L' Hotel a zero stelle. Inferni e paradisi di uno scrittore senza fissa dimora
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L' Hotel a zero stelle. Inferni e paradisi di uno scrittore senza fissa dimora - Tommaso Pincio - copertina
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Hotel a zero stelle. Inferni e paradisi di uno scrittore senza fissa dimora
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L' Hotel a zero stelle. Inferni e paradisi di uno scrittore senza fissa dimora

Descrizione


"Ho immaginato il mio albergo ideale. Un hotel a zero stelle i cui ospiti tipo dovrebbero essere i vagabondi dell'anima, coloro che ancora gironzolano alla ricerca di sé, senza troppa arte né parte. In questo albergo non poco scalcinato si può stare fin quando si desidera, perlomeno fintanto che non si è diventati ciò che si è. L'ospite può starsene chiuso in camera, leggendo o riflettendo sul proprio passato o su cosa intende fare del proprio futuro. Se ne ha voglia, può scendere dabbasso e scambiare quattro chiacchiere con il portiere tuttofare dell'albergo, che ha sempre qualcosa da dire, qualche lezione di vita da impartire. Inoltre, diversamente dai normali alberghi, l'ospite può esplorare l'edificio dal piano terra sino al tetto, dal quale è possibile ammirare un magnifico cielo stellato nelle serene notti di luna nuova. Si può persino bussare alla stanze degli altri ospiti, i quali, essendo vagabondi dell'anima anch'essi, saranno più che felici di accogliervi e scandagliare in vostra compagnia il senso dell'esistere e tutte le questioni a questo senso legate, che sono poi la chiave per orientarsi nel mondo all'esterno, spesso assai meno inospitale del vostro albergo. Solitamente, un buon albergo a zero stelle si compone di quattro piani perché così vuole il mito della conquista di sé, articolato, come noto, in quattro fasi. Alla maniera del viaggio dantesco per i regni ultramondani, il viandante in cerca di sé passa dallo smarrimento in qualche selva oscura a tre fasi successive."
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Dettagli

2011
14 aprile 2011
228 p., Brossura
9788842095521

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Carmine
Recensioni: 3/5

L idea strutturale di questo saggio é molto affascinante..analizza l'esistenza umana in un percorso stile dantesco(un hotel a 4 piani) dove Pincio é dante e le testimonianze sono la vita e le opere di vari artisti(scrittori e pittori moderni). Ma personalmente ci sono troppi alti e bassi, alla fine il libro é discreto manca di incisività: sembra un libro di un corso universitario per psicosociologia.

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Pino Chisari
Recensioni: 3/5

Libro di difficile definizione. Interessante per chi ama conoscere la vita degli scrittori e qualcosa della loro vicenda artistica. Con un originale artificio narrativo (le stanze di un albergo) l'autore mescola al tutto la sua esperienza personale di scrittore e qualcosa che somiglia ad una critica letteraria vissuta sul filo di quella psicologica. Non sempre ho condiviso i suoi pareri e talvolta le sue analisi mi son sembrati più giochi di parole ed immagini. Tuttavia merita una lettura.

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Patroclo
Recensioni: 3/5

non mi é chiaro perché nell'altra recensione di parli di "romanzo", io direi che é assolutamente un saggio autobiografico. il titolo é peraltro poco piú di un pretesto, non particolarmente sviluppato nel libro. a Pincio interessa soprattutto parlare dei suoi autori preferiti, e della influnenza di questi su diversi momenti della sua vita, sulla sua formazione. in questo senso questo saggio letterario/ autobiografia apre scorci interessanti, si veda ad esempio il capitolo su Kerouac

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Voce della critica


Accade né troppo presto né troppo tardi, a essere fortunati, che la condizione di "espatriato", di colui che "non sa più stare in casa propria", arrivi, dopo lunghi e contorti giri anche a vuoto, a stagliarsi come un orizzonte fra i più desiderabili, e conciliatori: quello i cui confini sfuocati sono però illuminati e rischiarati dalle stesse ombre che ne definiscono i tratti. È una questione di tempi, e di attese. Ed è soprattutto in quel preciso momento, né prima né dopo, che in questo luogo ancora da esplorare, nato dai tormenti e dai moti interiori incrociati a filo doppio con il trascorrere dell'esistenza, sono riposti e vanno ricercati gli slanci più intimi, le più private e dolorose sofferenze. Ed è, questo, un luogo nel quale si precipita dentro con immediata facilità, e che quasi mai conduce a un'alternativa efficace, quasi mai riesce il tentativo di sbrogliarne i fili che lo rendono in tutto e per tutto simile a una prigione.
Tommaso Pincio è riuscito a intercettare le possibilità celate dallo smarrimento, da un vissuto di inquietudine e insoddisfazione esistenziale, e a rendere abitabile e amabile proprio il luogo mentale, le complesse condizioni tutte interiori, dell'"espatriato". È in nome di questa conquista che Hotel a zero stelle, di questa discesa nella "selva oscura" può al meglio raccontare la discesa e la risalita, proprio perché la condizione di esilio interiore di cui parla lo scrittore giunge a una maturazione tale da rendere la ricerca di un rifugio (riuscire "a diventare meno soli dentro", per citare uno degli autori raccontati, David Foster Wallace) e il dialogo con i grandi della letteratura, il mezzo e il luogo privilegiato in cui poter interagire, al limite tra romanzo, autobiografia e saggistica, con quegli stessi fantasmi, veri o presunti, che nel vagabondare in un luogo o in un altro del mondo, o nel chiuso di una stanza, fanno un po' le veci di una mancata residenza, a definire una costellazione a guida e protezione attraverso il suo personalissimo inferno, purgatorio e paradiso.
Parise e il suo Vietnam vagano al primo piano di questo hotel, "a zero stelle" in ricordo di un hotel-bettola di Tel Aviv da cui la vicenda prende avvio ("Here no star, if you want the stars go to the sky", ammonisce il custode), ma nei quattro piani più il tetto di cui è composto l'hotel ("Il mio albergo ideale i cui ospiti dovrebbero essere i vagabondi dell'anima, coloro che ancora gironzolano alla ricerca di sé, senza troppa arte né parte") trovano spazio autori fra i più alti, e più amati: da Green, a Simenon, da Kerouac a Fitzgerald, da Foster Wallace a Melville, da Pasolini a Orwell a García Márquez. Ognuno evocato quel tanto che basta da potervi attingere agilmente per tracciare, stanza dopo stanza, viaggio dopo viaggio, una mappa della letteratura del Novecento profondamente intrecciata alla pratica della scrittura e a un'indagine e ricognizione sul mestiere dello scrittore che risponde anche a una più generale argomentazione sull'essere artista, con le parti dedicate alla menzogna, al concetto di fallimento, alle più o meno presunte imposture e pose assunte nella vita e nel mestiere che si è scelto, e che, da sole, valgono molto, moltissimo. Sempre con un occhio alla pagina e uno alla vita ("Fuori delle parole, fuori della nostra stanza dalle pareti nere, ricolma di libri e lampade vintage, c'è un mondo di persone e cose e un sole che risplende di luce. Non dobbiamo mai dimenticarlo se vogliamo diventare meno soli dentro. Non è detto che ciò basti a salvarci dal buco nero coi denti, ma è giusto provarci. È l'unico modo per fare di un fallimento una vittoria"), quella stessa vita che interviene a scompigliare un po' tutto nell'"epilogo in forma di epitaffio", con quel "non sparite" tracciato sulla parete, uno "scherzo infinito" a sigillo di un viaggio attraverso le ombre, le apparenze, in compagnia di spettri e fantasmi terribili e godibilissimi.
Raffaella D'Elia  

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Conosci l'autore

Tommaso Pincio

1963, Roma

Tommaso Pincio, pseudonimo derivato dalla traduzione italiana del nome dell'autore Thomas Pynchon, è uno scrittore italiano.Ha esordito come romanziere nel 1999 con M., una sorta di rivistazione letteraria del film Blade Runner ambientata in una Berlino immaginaria del 1969. Successivamente ha pubblicato Lo spazio sfinito (2000) e Un amore dell'altro mondo (2002), un libro che ha diviso ha critica letteraria e con il quale l'autore ha acquistato una certa notorietà. La ragazza che non era lei, pubblicato nel 2005 da Einaudi, traccia un bilancio su ciò che è andato perduto e ciò che è rimasto dei sogni di amore e libertà degli anni Sessanta. È invece del 2006 Gli alieni (Einaudi), un'indagine su come l'ipotesi dell'esistenza di civiltà...

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