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Il documentario riunisce insieme filmati e interviste realizzati in oltre 22 Paesi interessati dal fenomeno dei flussi migratori
«uno straordinario e attuale identikit» – Corriere della Sera
Oltre 65 milioni di persone nel mondo sono state costrette a lasciare le proprie case per sfuggire alla carestia, ai cambiamenti climatici e alle guerre. È il più grande esodo umano dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Il documentario racconta con grande espressività visiva, l'epica migrazione di moltitudini umane, mettendo in scena la sconcertante crisi dei profughi e il suo impatto profondamente umano. Girato nel corso di un anno carico di eventi drammatici, seguendo la straziante catena di vicissitudini umane, il film spazia in 23 Paesi tra cui Afghanistan, Bangladesh, Francia, Grecia, Germania, Iraq, Israele, Italia, Kenya, Messico e Turchia ed è la testimonianza della disperata ricerca, da parte di queste persone, di un porto sicuro, di un riparo, di una giustizia. Dal sovraffollamento dei campi profughi ai pericoli delle traversate oceaniche fino alle barriere di filo spinato che proteggono le frontiere, i profughi reagiscono al doloroso distacco con coraggio, resistenza e capacità di adattamento, lasciandosi alle spalle un passato inquietante per esplorare le potenzialità di un futuro ignoto.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Un documentario che vuole mettere in mostra la mancanza di empatia nei confronti delle popolazioni costrette a migrare dai loro territori di origine a causa di condizioni di estremo disagio e guerre. I giochi politici dalle varie nazioni in cui non vengono mai messi in primo piano i diritti umani. Il regista non vuole dare un taglio politico, ma solo sottolineare questa totale mancanza di umanità.
Recensioni
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Momenti di puro cinema in un film-valanga riuscito sia a livello contenutistico che sul piano artistico
Trama
Una fiumana di gente - oltre 65 milioni di individui - si muove in massa attraverso la terra e il mare, un esodo collettivo di proporzioni bibliche paragonabile (nella memoria recente) solo alla diaspora avvenuta dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, che allontana dalle loro radici e culture di origine intere popolazioni in fuga da conflitti, carestie, calamità naturali, povertà e persecuzioni. Questo racconta Human Flow ("flusso umano", appunto) attraverso la testimonianza diretta di Ai Weiwei, l'artista cinese attivista per i diritti umani e ambasciatore di Amnesty International, che applica la propria sensibilità pittorica ai grandi scenari del presente. Dal lato contenutistico, quel che colpisce è infatti la magnitudo del fenomeno, descritta sia in termini numerici che attraverso inquadrature gigantesche, spesso filmate dall'alto, in cui i campi profughi e le colonne di migranti appaiono in tutta la loro immensità, ed allo stesso tempo in tutta la loro dimensione entomologica. Anche dal punto di vista artistico quelle inquadrature sono la parte più riuscita di un documentario che, per impatto visivo, è paragonabile a certe fotografie di Sebastiao Salgado che raccontavano i formicai umani creati dalla miseria e dalla guerra.
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