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L'idea del capitale in Occidente - Francesco Boldizzoni - copertina
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Descrizione


Molto si discute di capitalismo ma raramente ci si domanda cosa sia il capitale. Perché? Si tratta di un concetto che non si lascia afferrare, e disorienta mutando continuamente forma. Tuttavia, affrontarlo è un passaggio obbligato per capire l'economia moderna. La tesi di questo libro è che si possa pensare il capitale come un mezzo oppure come un fine. Nel primo caso esso acquista una valenza sociale, nel secondo risulta svuotato di ogni istanza di giustizia. Boldizzoni ripercorre la storia di una dicotomia che ha lacerato l'Occidente dal Rinascimento ai nostri giorni istituendo una relazione sistematica tra la dimensione intellettuale e le trasformazioni materiali e culturali di scenario. L'altalena delle grandi potenze: dalla Spagna degli Asburgo alla Francia di Luigi XV, dall'Inghilterra vittoriana alla Germania del Terzo Reich, entra in gioco con un peso a volte decisivo nello spiegare il successo o la sfortuna di ciascuna visione teorica. La centralità dell'Europa rispetto a questo dibattito viene bruscamente meno con lo scoppio della Seconda guerra mondiale. Un'analisi disincantata del primato culturale degli USA nei successivi decenni apre uno scorcio imprevedibile sulla crisi del pensiero economico contemporaneo.
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Dettagli

2008
255 p., Brossura
9788831794626

Voce della critica

Ecco un libro di storia del pensiero economico che esamina come l'idea di capitale sorga e si modifichi fra tardo medioevo e anni settanta del Novecento. Boldizzoni dimostra grande padronanza della letteratura esistente e un originale modo di affrontare i classici, da Turgot a Smith, da Marx a Marshall, da Keynes a Samuelson. Per chi non è addetto ai lavori, proprio questo immane sforzo di sintesi può a tratti risultare non digeribile. Ci sono però passaggi di grande chiarezza per qualsiasi lettore. Anzitutto un suggerimento metodologico: le teorie economiche e le riflessioni su che cosa sia capitale risentono del contesto storico e persino morale nel quale vengono formulate. E così, ad esempio, si può spiegare meglio il diverso ritmo e la diversa direzione nello sviluppo capitalistico di Francia e Inghilterra fra Sei e Settecento. Nella tradizione francese, il rapporto fra persona e terra era di collaborazione, costituendo i due elementi un tutto organico. Nella tradizione inglese tale rapporto è invece di sottomissione; l'essere umano, per diritto divino, si pone al di sopra della terra, ridotta da madre che elargisce doni a oggetto da sfruttare. Di qui anche una vocazione prevalentemente manifatturiera della Francia, a fronte di un'Inghilterra industriale. Da meditare a lungo le pagine su Marx. Al culmine dell'industrializzazione inglese giunse la sua critica implacabile, che però va letta in funzione del contesto. Marx è "lo spettatore di una crisi d'identità generata dall'inversione del rapporto fra società ed economia". Nella natura relazionale del capitale, rapporto sociale mediato da cose e non cosa in sé, si può scoprire una tale inversione. Sono da ripensare certe motivazioni morali della critica marxiana, combinazione di posizioni progressive e regressive. Nessuno come lui avversò la dittatura della produttività. Lo fece anche per nostalgia del tempo che fu.
Danilo Breschi

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