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Articolato in quattro capitoli ("La costellazione ideale del tragico nel Moderno", "La prima epoca del Moderno e l'idea antica del tragico", "Soglie e `fratture' del Moderno" e "La crudeltà e il creaturale"), questo saggio muove dalla constatazione che mentre l'idea del tragico è un prodotto filosofico-letterario moderno, a partire da Hölderlin, Goethe ed Hegel fino a Nietzsche e poi da Lukàcs fino a Rosenzweig, Benjamin, Jaspers, Pohlenz e Szondi, l'antica tragedia greca – che pure è il suo riferimento obbligatorio – sarebbe invece priva di tale idea. Questa asimmetria è solo apparente. Poeti come Büchner e Manzoni hanno compreso che la tragedia moderna sta alla realtà storica come quella antica stava al mito. Ne consegue che il "riflesso del tragico antico nel moderno" ha un nesso di continuità ideale. Sofocle in particolare presenta un'elaborazione "metatragica" dell'idea del tragico. Attestata dal pensiero "antitragico" di Platone e riecheggiata dalla Poetica aristotelica, essa è definibile come la riflessione etico-religiosa sul destino dell'uomo e della sua "città" nell'incontro con il divino. L'elaborazione moderna è quindi interpretata come il volto nascosto della coscienza storica del Moderno, a sua volta posto sotto la cifra di una "duplicità" che si rivela nel passaggio dall'epoca del dominio della storicità all'epoca dell'emersione della potenza tecnologica. Contro la tesi della secolarizzazione, lungi dal sostenere l'eclisse dell'idea del tragico, il saggio ne mostra invece la "polarizzazione" tra crudeltà e creaturale in autori come Artaud, Kafka e Celan e la "dispersione" in nuovi mezzi non drammaturgici, come la letteratura noir o il cinema che, per esempio con Kubrick, Kurosawa e Rossellini, offre spunti di alta meditazione tragica.
Indice: 1. La costellazione ideale del tragico nel Moderno - 2. La prima epoca del Moderno e l’idea antica del tragico - 3. Soglie e "fratture" del Moderno - 4. La crudeltà e il creaturaleRecensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Articolato in quattro capitoli ("La costellazione ideale del tragico nel Moderno", "La prima epoca del Moderno e l'idea antica del tragico", "Soglie e `fratture' del Moderno" e "La crudeltà e il creaturale"), questo saggio muove dalla constatazione che mentre l'idea del tragico è un prodotto filosofico-letterario moderno, a partire da Hölderlin, Goethe ed Hegel fino a Nietzsche e poi da Lukàcs fino a Rosenzweig, Benjamin, Jaspers, Pohlenz e Szondi, l'antica tragedia greca - che pure è il suo riferimento obbligatorio - sarebbe invece priva di tale idea. Questa asimmetria è solo apparente. Poeti come Biichner e Manzoni hanno compreso che la tragedia moderna sta alla realtà storica come quella antica stava al mito. Ne consegue che il "riflesso del tragico antico nel moderno" ha un nesso di continuità ideale. Sofocle in particolare presenta un'elaborazione "metatragica" dell'idea del tragico. Attestata dal pensiero "antitragico" di Platone e riecheggiata dalla Poetica aristotelica, essa è definibile come la riflessione etico-religiosa sul destino dell'uomo e della sua "città" nell'incontro con il divino. L'elaborazione moderna è quindi interpretata come il volto nascosto della coscienza storica del Moderno, a sua volta posto sotto la cifra di una "duplicità" che si rivela nel passaggio dall'epoca del dominio della storicità all'epoca dell'emersione della potenza tecnologica. Contro la tesi della secolarizzazione, lungi dal sostenere l'eclisse dell'idea del tragico, il saggio ne mostra invece la "polarizzazione" tra crudeltà e creaturale in autori come Artaud, Kafka e Celan e la "dispersione" in nuovi mezzi non drammaturgici, come la letteratura noir o il cinema che, per es. con Kubrick, Kurosawa e Rossellini, offre spunti di alta meditazione tragica.
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