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L'idea di nazione nel Settecento - copertina
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L'idea di nazione nel Settecento - copertina

Descrizione


Il volume affronta il problema della nascita dei concetti di patria e nazione prima della formazione dello Stato unitario e, specificamente, nel Settecento: fu infatti nel secolo dei lumi e degli anti-lumi, che, all'interno di un gioco di dialettiche linguistiche e concettuali, affiorarono percezioni e sentimenti di appartenenza nuovi verso le collettività stanziate su uno stesso territorio, segnate dalle medesime origini e tradizioni, e, soprattutto, sottoposte a uno stesso governo e alle medesime leggi. Ritenendo le distinzioni tra "nazioni territoriali", come la Francia e l'Inghilterra, e "nazioni culturali", come la Germania e l'Italia, alla stregua di strumenti concettuali utili alla ricerca ma non per questo necessariamente dotati di validità ontologica, illustri studiosi hanno scelto di percorrere l'impervio terreno dell'indagine empirica, diretta, delle occorrenze di patria e nazione nei testi e nei linguaggi, noti e meno noti, del XVIII secolo, un'età ancora poco indagata da questa prospettiva eppure centrale per chiarire lo svolgersi di quelle dinamiche che, nell'Ottocento, avrebbero poi portato a più mature consapevolezze.
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Dettagli

2013
1 ottobre 2013
400 p.
9788863725490

Voce della critica

  Come scrive Marina Formica nell' introduzione, è vero che Spinoza, nel suo Trattato politico (1677, pubblicazione postuma), aveva affrontato, con fecondo spirito parzialmente anticipante, il lemma "patria", intendendolo non come terra dei padri, ma come termine che faceva riferimento allo stato o alla legge. Eppure, come si apprende, direttamente e indirettamente, da quasi tutti i saggi di questo volume scaturito dal centocinquantenario dell'unificazione italiana, saggi spesso riguardanti realtà locali o regionali, il concetto di nazione, non uguale a quello di patria, emerge, nel significato moderno e contemporaneo, soprattutto nel XVIII secolo. Ciò accade sia che si abbia a che fare con nazioni al tempo e da tempo territoriali (Francia e Inghilterra, ma anche Spagna), sia con nazioni al tempo e da tempo prevalentemente culturali, o letterarie, o linguistiche e criptolinguistiche, o bireligiose e monoreligiose (Germania e Italia). La patria riguarda, nel lessico comune, i sentimenti di appartenenza e l'emotività a essi connessa. È la nazione (Filangieri l'aveva compreso) che si è associata e consociata, in modo differenziato nei vari paesi d'Europa, con la politica, con le leggi e con lo stato. Vi è del resto, nella lingua e nella semantica italiane, con accenti non di rado commossi, l'amor di patria. Non, a quanto risulta, l'amor di nazione. Il patriottismo, avviluppato in Italia nelle camicie rosse dei garibaldini, è sempre stato nobile e rispettato. Il nazionalismo, nel '900, avviluppato in Italia nelle camicie nere dei mussoliniani, e distaccatosi dall'ottocentesco e liberatorio principio di nazionalità, è diventato, in più occasioni, sinonimo di espansionismo, imperialismo, aggressività militare, egemonismo o dominio politico sulle altre nazioni, talora consorelle e talora avversarie. Esemplare è comunque, nel volume, il saggio di Amedeo Quondam sulle nazioni e gli italiani prima della nazione. Ci conferma che la nazione culturale, per territorializzarsi, ha dovuto diventare, attraverso l'azione e il sacrificio dei patrioti che si muovevano per la patria, un'entità estesamente politica. Soprattutto in seguito al triennio repubblicano (1796-1799), arco storico che conclude gli studi qui compresi. Tale arco storico era stato preceduto nell'epoca folgorante dei lumi, come ben ci ricorda Giuseppe Ricuperati nelle conclusioni, dalla comparsa, grazie a Saverio Bettinelli (1775), del termine Risorgimento, che tuttavia fa ancora risalire la nazione "culturale" italiana agli studi, alle arti e ai costumi succedutisi nei secoli a partire dalla rinascenza dell'anno Mille. Inoltre, il saggio di Beatrice Alfonzetti sulla "doppia Italia" si conclude con il testo di Petrarca Italia mia, benché il parlar sia indarno, insieme addolorata investigazione su un'Italia meramente culturale e profetico sguardo entusiastico sulla possibile Italia a venire. Già Montesquieu e Voltaire, del resto, avevano individuato che era in corso, in forme differenziate, la transizione verso la nazione politica. Nel '900, infine, le nazioni divennero le griglie concettuali del processo storiografico di scansione del corso del mondo. E costituirono, non sempre a fin di bene, l'anagrafe (nomi, cognomi, stato civile, residenza, età) della storia.   Bruno Bongiovanni

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