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1990; Opera con copertina morbida in brossura alettata. pp. 198 AT9 . 198. . Buono (Good). . . .
scheda di Meliga, W., L'Indice 1990, n. 8
La traduzione di "The Discarded Image" giunge a colmare un vecchio vuoto: nella relativa fortuna che da anni accompagna il "genere medioevo " questo famoso libro, entrato da tempo nel circolo specialistico, viene ora messo a disposizione del pubblico più vasto. Questa era in definitiva già la sua destinazione originaria: Lewis stesso avvertiva nella prefazione che il contenuto dell'opera raccoglieva il materiale delle sue lezioni universitarie e non conteneva reali novità. Ma "L'immagine scartata" non è nemmeno un panorama del pensiero o della scienza medievali (Piero Boitani, nella sua dettagliata postfazione, segnala le differenze che lo separano da opere note della medievistica europea contemporanea), quanto della loro riduzione a esperienza poetica per gli usi e gli interessi della letteratura. Oggetto del discorso di Lewis è il "modello della cultura medievale", capolavoro collettivo che affianca la "Commedia di Dante" e la "Summa" di Tommaso d'Aquino, prodotto della riflessione scientifica e filosofica dalla tarda antichità in poi e sostanzialmente rispettato per tutta l'età di mezzo. A tale modello va però sottratto il carattere formalistico e matematico al quale il linguaggio scientifico moderno ci ha abituati: esso, nel piano intellettuale medio degli artisti medievali, si configura piuttosto come visione del mondo, come immagine che della speculazione tralascia le questioni più propriamente tecniche o teologiche come anche una certa cautela epistemologica rintracciata da Lewis per esempio in san Tommaso. Certo, la costruzione del modello è celeste e universale e poggia su una visione assolutamente precopernicana dei cieli e della terra. Ma nella cultura altamente strutturata del medioevo le conseguenze mentali di tale astronomia sono rilevanti e si raccolgono intorno alla polarità di centro e periferia che interessa la sede sublunare dell'uomo, la terra, centro immobile della rotazione planetaria ma anche luogo della collocazione dell'elemento più lontano dal fulgore delle amorose intelligenze che circondano Dio. Questo perché il modello dell'universo risultava dalla combinazione di elementi diversi, non tutti cristiani o cristianizzabili, e di conseguenza dalla necessità di accordare fra di loro diverse 'auctoritates' (classiche bibliche, patristiche). Tale situazione produsse sin dai primi secoli dopo l'impero un'incessante attività interpretativa, dalla quale appunto il modello è stato elaborato e da cui è provenuto quel costante carattere sistematico e tassonomico della mentalità medievale, responsabile a sua volta della diffusa presenza di enumerazioni nei testi letterari. Coerentemente bilanciato fra terra e cieli, il modello fa debito posto, nella parte della terra e dei suoi abitanti, all'uomo, al suo essere (anima e corpo) e al suo agire (storia e arti liberali). Tuttavia è nella dimensione universale che ordine e intelligibilità, corrispondenze armoniche e gerarchiche fanno dell'immagine un'esperienza estetica: il cosmo è luminoso e bello, e tale bellezza, come risulta oggi agli occhi dello storico, così per Lewis era goduta anche nel medioevo. D'altra parte la caduta per noi dell'altro aspetto (indiscusso, e inseparabile dal primo, nel medioevo) del modello, la sua verità ha modificato in maniera sostanziale la percezione dell'immagine. Non si tratterà naturalmente solo della sostituzione del modello medievale con l'astronomia di fondazione galileiana e newtoniana, ma della nuova intuizione dell'universo che questa ha indotto. Succeduti alla pascaliana e poi romantica angoscia dell'infinito, ci avviciniamo, come Lewis, con intellettuale e amorosa adesione a un'immagine che resta fondo remoto della nostra vita presente.
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