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Una perfetta interazione tra Lindon e interpreti non professionisti al servizio di una sceneggiatura precisa che parla di rispetto dei patti
La fabbrica Perrin, un'azienda specializzata in apparecchiature automobilistiche dove lavorano 1100 dipendenti che fa parte della tedesca Schäfer, firma un accordo nel quale viene chiesto ai dirigenti e ai lavoratori uno sforzo salariale per salvare l'azienda. Il sacrificio prevede, in cambio, la garanzia dell'occupazione per almeno i successivi 5 anni. Due anni dopo l'azienda annuncia di voler chiudere i battenti. Ma i lavoratori si organizzano, guidati dal portavoce Eric Laurent, per difendere il proprio lavoro.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Film che mette in scena, con uno stile da mockumentary, l’occupazione di una fabbrica francese da parte degli operai in rotta con la proprietà tedesca che vorrebbe chiuderla. Storia dura, di resistenza e ideali, quegli ideali che sono spesso traditi dal mondo del lavoro e che paiono anacronistici di fronte alla fine del lavoro di fabbrica per come è sempre stato concepito. Il finale, doloroso e drammatico, è l’ultimo grido di una resistenza che rivendica i propri diritti e la propria voce. Senza Lindon la pellicola non avrebbe avuto la stessa forza.
In uno dei rari momenti in cui è colto nel privato, il sindacalista Laurent osserva delle foto sullo schermo del computer. Un'ecografia del nipotino in arrivo, due foto della figlia, un selfie di quest'ultima assieme al suo uomo, una che la raffigura mentre bacia un peluche di un grosso panda. E poi l'ultima, in cui c'è proprio lui, Laurent. A differenza delle precedenti però, questa non è una foto scattata in una situazione privata. Non è un primo piano, non è un'immagine dominata solo e unicamente dalla sua figura. C'è un mondo in fermento attorno a lui, un mondo che si espande ben oltre i limiti dell'inquadratura. Ci sono corpi attorno a lui, persone che condividono la stessa battaglia e le stesse sofferenze. In uno scatto rubato mentre si trovava in mezzo agli operai e compagni di lotta, Laurent è un volto tra i volti. Ed è proprio su questa foto che una didascalia aggiunta dalla figlia recita "Il mio eroe" In questa guerra sindacale per il lavoro e per la dignità di più di mille operai, l'eroismo non è mai gesto straordinario del singolo, ma, prima di tutto, azione e pensiero collettivi. Mentre all'individuo non sono consentiti che brevi lampi di riflessione solitaria e sempre relegati alla dimensione quotidiana. E' il gruppo, a prevalere. Ecco allora che in un film che mette in scena una guerra combattuta quasi interamente con l'arma del dialogo, per riflettere sulla potenza del dialogo e sulla disperata ricerca di un dialogo tra operai e padroni, il rifiuto delle forme e delle distanze tipiche del tradizionale campo-controcampo non può che essere un gesto politico. Qui non sono chiamati in causa due soli personaggi, ma una moltitudine. Non è l'azione del singolo ad essere rilevante, ma quella del gruppo. C'è sempre una nuca fuori fuoco ad oscurare parte dell'immagine, ci sono corpi dietro e davanti al soggetto che in quel momento prende la parola, volti che dimostrano approvazione o rifiuto delle idee e delle opinioni al centro della discussione
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Una perfetta interazione tra Lindon e interpreti non professionisti al servizio di una sceneggiatura precisa che parla di rispetto dei patti
Trama
La fabbrica Perrin, un'azienda specializzata in apparecchiature automobilistiche dove lavorano 1100 dipendenti che fa parte della tedesca Schäfer, firma un accordo nel quale viene chiesto ai dirigenti e ai lavoratori uno sforzo salariale per salvare l'azienda. Il sacrificio prevede, in cambio, la garanzia dell'occupazione per almeno i successivi 5 anni. Due anni dopo l'azienda annuncia di voler chiudere i battenti. Ma i lavoratori si organizzano, guidati dal portavoce Eric Laurent, per difendere il proprio lavoro.
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