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Sulla base della presentazione che l'autore ha appositamente scritto per l'edizione italiana del volume, nonché dalla completa ricostruzione di cui Federico Vercellone la correda per la collana "Folia" di Campanotto, la tesi sull'"inaggirabilità della soggettività" (così recita il titolo originale dell'opera) può comprendersi appieno solamente se collocata su di un duplice sfondo problematico. Da una parte, infatti, nel momento in cui le sue lezioni apparvero presso Suhrkamp, Frank era intento a elaborare un'ardua conciliazione tra le concezioni della soggettività di tipo analitico, quali quelle che potevano provenirgli da Peter F. Strawson o da Ernst Tugendhat, e la sua formazione schleiermacheriana non insensibile alle istanze dell'ermeneutica e dell'esistenzialismo, all'ombra di quella stessa "Scuola di Heidelberg" di cui non solo Tugendhat era esponente significativo, ma anche - per citare uno studioso che Frank ha sempre avvertito come molto vicino alle sue posizioni - Dieter Henrich. Dall'altra, e quasi per converso, Frank avvertiva comunque l'esigenza di prendere le distanze da gran parte di quei teorici del postmoderno, soprattutto di area francese, che della soggettività si proclamavano appunto "detrattori", decretandone affrettatamente la fine con scarsa sensibilità per il piano speculativo. Quel che ne risulta è proprio il documento del passaggio del filosofo di Tübingen allo studio della teoria analitica dell'autocoscienza: ciò che fa di Individualità un'opera degna di nota anche da parte del pubblico filosofico italiano, sempre più interessato al possibile confronto della tradizione continentale con i temi di ambito analitico che maggiormente avverte come affini. Gianluca Garelli
scheda di Garelli, G. L'Indice del 1999, n. 05
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