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Fondandosi su una ricca tradizione di studi, segnata da contributi di Erwin Panofsky, Max Seidel e Salvatore Settis, il catalogo della mostra di Rimini presenta al grande pubblico alcuni aspetti dei rapporti tra arte gotica italiana e modelli classici, con un intento dichiaratamente didattico. Dato questo approccio, una presentazione preliminare della problematica e dei suoi termini tecnici (reimpiego, spolia…) e didascalie più precise alle immagini, con la datazione delle opere, sarebbero state utili. I saggi e le schede illustrano la produzione scultorea e glittica normanne e del tempo di Federico II, la miniatura sveva, quindi la relazione con l'antico di Nicola Pisano, Arnolfo di Cambio, Giovanni Pisano, Andrea Pisano. L'ambito abbracciato è ampio ma delimitato geograficamente (Meridione e Toscana), cronologicamente (1150-1350) e dal punto di vista tecnico (si tratta principalmente di scultura). L'analisi è concentrata sui problemi formali, piuttosto che, ad esempio, sulla ripresa di iconografie o sull'adozione di tecniche o materiali percepiti come precipuamente antichi (la glittica fa eccezione). Se nei contributi sulla produzione normanna e federiciana si insiste sul significato politico del ritorno all'antico, nei saggi sui grandi maestri le attese del pubblico e dei committenti passano in secondo piano rispetto alla riflessione sulle scelte personali degli scultori. L'individuazione dei modelli antichi è puntuale; i confronti con il gotico d'Oltralpe, per i quali si parla genericamente di arte franco-tedesca, avrebbero potuto essere affinati. L'ambizione didascalica non ha trattenuto i curatori dal presentare anche opere e questioni controverse, giustamente: l'educazione comprende non solo la trasmissione di nozioni, ma anche l'esercizio dello spirito critico.
Michele Tomasi
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