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Dopo il successo de L’animale femmina, Emanuela Canepa torna a scandagliare i conflitti sotterranei che si annidano in ogni rapporto. Stavolta, lo fa attraverso tre figure femminili indimenticabili.
C’è una donna ferma sulla soglia di un convento. Deve entrare, ma ha paura. Oltre quella soglia, lo sa, avverrà la resa dei conti. Perché è lí che si trova sua figlia, un’adolescente scappata di casa dopo l’ennesima lite con lei. Ed è lí che vive la persona che molti anni prima l’ha abbandonata senza una parola, per seguire la propria vocazione.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Ho dovuto leggere questo libro "forzatamente" per la scuola. L'ho trovato molto noioso, a tratti confusionario e per nulla intrigante. Inoltre ci sono alcune cose che secondo me non hanno il ben che minimo senso logico (messe lì solo per scopi di trama). Sicuramente la scrittura in sé non è male e le descrizioni sono abbastanza ben fatte, ma quanto alla trama non posso dire lo stesso. Devo ammettere che è molto utile per conciliare il sonno e ha un effetto migliore della melatonina. La fascia a cui potrebbe essere destinato, tuttavia, va dai 50 anni in su, (possibilmente persone con figli e con frequenti crisi di mezza età).
bel romanzo in cui si evidenziano i problemi del rapporto tra madre e figlia, i silenzi, i dissaporimalcelati e le conseguenze devastanti di questi squilibri.
mi ha colpito la potenza della scrittura descrittiva della prima pagina, di cui riporto un paragrafo; " L'acqua veniva giù a dirotto, un lenzuolo liquido che il vento faceva oscillare scaricandolo a sciabolate sull'auto. La furia del temporale ha spogliato gli alberi, le aiuole sono ridotte a un pantano di foglie, e il selciato è una costellazione di buche piene d'acqua su cui si riflettono le nubi spazzate via a larghe folate" Per tutto il resto del libro non ho più trovato un'analoga potenza di parola, ma è incisiva e potente la verità complessa del difficile legame che lega una madre ad una figlia. Resta inspiegabile tanta durezza, eppure affascina e colpisce.
Recensioni
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Si smette mai di essere figlie? Che cosa vuol dire essere madri? A quanto di sé si è disposti a rinunciare per gli altri? Cosa è giusto – se è giusto – sacrificare per la propria realizzazione?
A questa e altre domande risponde Emanuela Canepa in un romanzo che, come si evince sin dal titolo, torna a parlare di relazioni burrascose. E lo fa con grazia, dando voce a donne fragili e forti al contempo, le cui vite si intersecano in snodi cruciali pur divergendo ostinatamente.
Insegnami la tempesta racconta la furia sotterranea, talvolta cieca, del rapporto madre-figlia. Non solo: dice molto dei silenzi dietro i quali tutti ci trinceriamo per orgoglio, per rancore, per timore che le nostre scelte non vengano comprese neppure dalle persone che amiamo, quelle a cui spesso facciamo più male.
Emma, la protagonista, sente di non aver realizzato il suo potenziale. È in perenne conflitto con la figlia, per amore della quale ha rinunciato alle aspirazioni giovanili e che sembra volerla escludere dalla sua vita.
La verità è che Matilde è diversa, è indipendente, e Emma teme di essere abbandonata da lei come lo è già stata una volta da Irene, l’«amica geniale» che la figlia le ricorda suo malgrado.
L’incontro con Irene, evitato per anni, riaprirà in Emma vecchie ferite. Ma la aiuterà anche a rimettere a fuoco il suo ruolo di madre e di donna e a comprendere che le rinunce – né la propria agli studi universitari quando aspettava Matilde, né quella di Irene alla vita quando decise di entrare in clausura – non sono davvero tali se dettate dall’amore. Qualunque sia la sua natura.
Con uno stile schietto, privo di orpelli, l’autrice riflette sul tema dell’incomunicabilità, che logora ogni rapporto quando a prevalere è l’incapacità di guardare al di là delle mancanze degli altri e oltre i propri bisogni. E ci regala una storia di legami viscerali, di fughe e di ritorni; una vicenda di coraggio, quello di partire, di lasciar andare. Ma anche quello di restare.
Recensione di Angela Russo
Si ringrazia il Master Professione Editoria dell'Università Cattolica di Milano
Applausi, tanti applausi per Emanuela Canepa, autrice di Insegnami la tempesta (248 pagine, 17,50 euro), edito da Einaudi. Dopo il successo de L’animale femmina, la scrittrice romana, ma veneta d’azione, ritorna con un libro intenso e delicato che la consacra a prosatrice di livello. Tra le armi non convenzionali che usa sicuramente una scrittura raffinata, ma non ampollosa e la capacità di descrivere personaggi dalle caratterialità profonde ed enigmatiche. Questo è uno di quei pochi libri che cattura dalla prima pagina, uno di quelli per i quali dici subito “ wow”, uno che leggi piano perché temi di finirlo troppo presto.
La trama è vibrante, tre donne legate tra loro, tre donne diverse e distanti che troveranno il modo di fare sintesi ricomponendosi in una storia più grande di loro, a tratti dolorosa, a tratti salvifica. Emma, Matilde e Irene faranno delle loro relazioni l’architrave che regge l’intero impianto narrativo in cui galleggia anche l’unica presenza maschile, quella di Fausto, uomo compiuto e solido che finirà proprio per rimanere sullo sfondo di una triangolazione tutta al femminile dove sono tanti gli aspetti da chiarire.
Con grande maestria Emanuela Canepa indaga gli anfratti umidi dei difficili rapporti tra madre e figlia, ma anche le incomprensioni solidificate dell’amicizia, senza trascurare la complessa comunicazione tra marito e moglie. Un’opera sofisticata, dunque, che registra solo una piccola flessione nel finale, dove forse ci si sarebbe aspettato qualcosa di più. Rimane comunque un libro di grande pregio, uno di quelli che segnano il passo e ossigenano il mercato editoriale italiano.
Recensione di Alessandro Orofino
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