In una visione caleidoscopica di Johannesburg, quattro uomini, un addetto al censimento, un tecnico idraulico, un artista e un esperto di cartellonistica per cantieri edili, percorrono la città in lungo e in largo, mettendone in luce le ipocrisie e le contraddizioni. A dieci anni dalla fine dell’apartheid, nascono nuovi quartieri residenziali per la classe abbiente, cittadelle satellitari o comunità recintate da alte mura, con pesanti cancellate, protette da vigilanti e agenzie per la sicurezza, anche armati. Eppure, di fronte a queste stucchevoli villette a schiera color pastello, dai nomi rivieraschi che alludono all’Italia e alla Francia, spuntano qui e là le baraccopoli e le file di case popolari, riservate ai neri. Dietro il gran flusso del traffico, il puro schermo di un’area densamente popolata, la violenza serpeggia gratuita.)
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