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Nell’Europa ottocentesca gli slanci verso la liberalizzazione ecomica e commerciale si rivelarono fruttuosi, ma premature, troppo in anticipo sulla maturazione politica del continente, che avrebbe richiesto ancora diversi decenni e due guerre mondiali per conquistare i paesi alla necessità dell’integrazione economica quale base per costruire una convivenza pacifica. Tuttavia, se questi furono gli anni della “golden age” della crescita economica europea, il merito va anche a questi primi tentativi di sviluppare un mercato inegrato dove merci, persone e capitali potessero muoversi liberamente. Il protezionismo rappresentà la principale risposta che i paesi europei dettero al crollo dei prezzi dopo il 1873 e all’invasione di beni alimentari e materie prime provenienti dal nuovo mondo e dalle pianure dell’est. Talvolta, i rincari daziari sfociarono in vere e proprie guerre doganali. Nonostante ci?, all’inizio degli anni Novanta si riprese a negoziare accordi commerciali bilaterali che, grazie alla clausola della nazione più favorita, ampliarono la portata delle reciproche concessioni daziarie. A questi trattati bilaterali nella forma, ma multilaterali nella sostanza, va in parte ascritta la diminuizione effettiva del protezionismo in Europa. Di certo convergenza e globalizzazione cessarono con la prima guerra mondiale e i difficili anni successivi. Il conflitto mise fine di fatto a tutta quella costruzione ottocentesca fatta di rapporti economici stabili, basati su: tariffe moderate, tassi di cambio fissi, unioni monetarie, libera circolazione di persone e capitali. L’Europa si rivel? per quel che era in realtà: un’entità prematura. Nonostante i grandi passi in avanti compiuti nella costruzione di un mercato globale, politicamente le tendenze egemoniche non erano state domate. Indubbiamente pace e integrazione economica rimasero obiettivi secondari fino alla seconda metà del XX secolo.
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