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Il volume costituisce un'introduzione storica alla filosofia della musica. L'intento, riuscito, del curatore e dei collaboratori coinvolti nel progetto (Amalia Collisani, Emanuele Ferrari, Enrica Lisciani Petrini, Ernesto Sergio Mainoldi, Carlo Serra, Silvia Vizzardelli) è ambizioso: offrire un quadro generale della filosofia della musica in chiave storica, a partire dal presupposto di ordine generale che storia e teoria siano costitutivamente inseparabili.
Nelle intenzioni esplicite del curatore, il volume non soltanto si propone di tematizzare gli incontri e gli attraversamenti reciproci di musica (sia come teoria, sia come pratica esecutiva) e filosofia, concentrandosi sui pensatori che fanno della musica una fonte privilegiata del proprio pensiero, ma persegue l'obiettivo di intendere la musica più che come oggetto di riflessione filosofica, come sua scaturigine: è dunque abbastanza evidente che l'espressione "filosofia della musica" va intesa, secondo gli autori, oltre che nel senso oggettivo del genitivo, anche nel suo senso soggettivo. Insomma, l'idea generale è che, nel corso della sua storia, la filosofia abbia dedicato un'attenzione particolare alla musica, giacché essa stimola il pensiero in quanto portatrice di contenuti teorici. La musica è dunque intesa come una sorta di filosofia in suoni: non soltanto come "un oggetto da teorizzare, bensì un oggetto teoretico", in grado di esprimere pensieri sul mondo.
Il testo si articola in tre parti. La prima è dedicata al lungo periodo che va dall'antichità greca all'Illuminismo; la seconda si concentra sull'Ottocento; la terza offre un quadro generale relativo al XX secolo.
I temi della storia della filosofia della musica dai presocratici a Kant sono affrontati in maniera scorrevole e puntuale. La successione dei capitoli è ben costruita. Nonostante il non eccessivo spazio a disposizione in rapporto alla trattazione di una così ampia mole di temi, non si sono volute sacrificare alcune osservazioni generali sui caratteri delle diverse epoche storiche. Inoltre, la presentazione degli autori si intreccia spesso con interessanti rimandi teorici (come i riferimenti a Benveniste e Kanizsa nella trattazione del ritmo in Platone). Si è quindi inevitabilmente dovuto rinunciare a qualcosa (per esempio alla definizione agostiniana di musica come "ars bene modulandi").
La seconda parte offre un quadro articolato della filosofia della musica dal Romanticismo sino a Nietzsche. I capitoli su Romanticismo, Idealismo, Positivismo, Kierkegaard, Schopenhauer e Nietzsche risultano particolarmente efficaci sotto il profilo dell'informazione storica e dell'analisi teorica. Scelte non scontate sul versante dell'ordinamento cronologico hanno consentito di strutturare in maniera organica i temi presi in considerazione (per esempio la trattazione del Positivismo, che comprende autori come Combarieu, Lalo, Wertheimer ed Ehrenfels, attivi ancora per molti anni nel Novecento, è inserita prima della discussione di Kierkegaard).
L'ultima parte, quella più ampia, è dedicata al pensiero novecentesco. Molto spazio è opportunamente riservato alle filosofie di Bloch, Adorno, Jankélévitch. Assai efficace è il capitolo dedicato al "problema del linguaggio musicale", dove, tra l'altro, risulta assai interessante la presentazione del pensiero di alcuni semiologi italiani contemporanei (Baroni, Dalmonte, Jacoboni). Gustoso è il capitolo dedicato a Stravinskij e Brelet, così come il breve appunto finale sul pensiero musicale dei compositori del Novecento. Assai puntuali e chiare le trattazioni della fenomenologia e della filosofia analitica della musica, che avrebbero forse meritato uno spazio maggiore (in considerazione del peso che la prima indiscutibilmente ha, segnatamente in ambito italiano, e dell'importanza che la seconda sta assumendo anche al di fuori del mondo anglosassone).
In generale, è doveroso segnalare che tra i molti pregi del libro c'è senz'altro l'idea di trattare da angolature diverse il tema del tempo in rapporto alla musica. È una scelta assai felice, anche perché consente al lettore di istituire proficui confronti trasversali tra diverse prospettive storico-teoriche. Nel complesso, sono comunque numerosi gli spunti teorici suscitati dalle pagine del volume.
L'idea di fondo del progetto sollecita alcune riflessioni. Sostenere che il rapporto musica/filosofia sia da intendersi soprattutto nella prospettiva della specifica dimensione filosofica della musica è senz'altro legittimo. Tuttavia, una simile tesi, che parrebbe presupporre la propensione per una certa maniera di intendere l'attività filosofica, sembra valere principalmente in relazione ad alcuni pensatori (per esempio nel caso di Bloch, Adorno, Jankélévitch) e ad alcuni compositori; essa risulta forse non altrettanto immediatamente efficace in quei casi in cui la possibilità stessa che la musica abbia contenuti e significati, e sia in grado di esprimerli, è oggetto di discussione critica. Tale idea è peraltro considerata difficilmente difendibile anche da parte di alcuni dei pensatori presi in considerazione nel volume (penso, ma è solo un esempio, agli esponenti della filosofia analitica della musica, ma anche di certa fenomenologia), i quali preferiscono considerare la musica come tema di riflessione filosofica, come fertile terreno per dispiegarne le argomentazioni, e come "oggetto estetico" o "attività artistica" piuttosto che, anzitutto e per lo più,come "oggetto teoretico" ovvero di per sé capace di produrre teoresi. Insomma, il fatto che alcuni pensatori, così come alcuni musicisti, ritengano che la filosofia della musica sia il luogo per sviluppare la capacità che avrebbe la musica di produrre filosofia non significa che questa opzione sia quella sempre più efficace (e non è l'unica disponibile).
Ciò detto, il libro raggiunge con successo l'obiettivo di fornire al lettore informazioni, nozioni e orientamenti relativi a una disciplina affascinante come la filosofia della musica, in rapporto a un amplissimo arco temporale, offrendo importanti sollecitazioni filosofiche e teoriche in rapporto a un congruo numero di temi e, cosa non irrilevante, un nutrito apparato bibliografico. Sono meriti notevoli.
Alessandro Bertinetto
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