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Le radici neurali del cervello sociale.
Stephanie e John Cacioppo ipotizzano che il cervello sia il nostro principale organo sociale. Mostrano che la stessa relazione oggettiva può essere percepita come amichevole o minacciosa a seconda degli stati mentali degli individui coinvolti nell'interazione. Presentano esercizi e risultati basati sull'evidenza che i lettori possono mettere in pratica per comprendere meglio le radici neurali del cervello sociale e le implicazioni che un cervello sociale disfunzionale comporta per le capacità cognitive e per la salute. Le caratteristiche distintive del libro includono l'integrazione di studi sull'uomo e sugli animali, casi clinici ricavati dalla medicina, analisi multilivello di argomenti che spaziano dai geni alla società. Svelando nuove sfaccettature della ricerca sull'anatomia e sulla funzione del cervello sociale, il volume, vincitore del PROSE Award in Psychology and Applied Social Work (Association of American Publishers), amplia la visione scientifica sull'interazione umana nella società.
Con 7 tabelle e 62 figure a colori e b/n.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Il testo di Cacioppo & Cacioppo si fonda su ipotesi evoluzionistiche, enfatizzando il ruolo che avrebbe avuto l’interazione sociale (il fatto stesso che siamo una specie sociale) nel determinare lo sviluppo di un grande (più circonvoluto) cervello. In altre parole: la selezione naturale avrebbe favorito cervelli più grandi, con capacità cognitive più complesse, per far fronte in modo più efficace alle esigenze della vita sociale. I primati antropoidi avrebbero sfruttato capacità cognitive affini a quelle utilizzate dagli altri vertebrati per le relazioni di coppia finalizzate alla riproduzione per creare rapporti stabili con partner non riproduttivi. Tuttavia, a fronte di ciò, anche il volume delle regioni coinvolte nell’elaborazione delle emozioni risulterebbe molto più grande nell’uomo rispetto ai grandi primati. L’ipotesi alla base del “cervello sociale” è che i problemi ambientali siano risolti collettivamente e che la loro complessità sia inferiore a quella della struttura sociale necessaria a farvi fronte. Quest’ultima sembrerebbe connessa al grado di rigidità/stabilità vs. flessibilità/cambiamento delle regole sociali. Questa è la tesi che dovrebbe fare da collante ma, in generale, il testo non è organico. Risulta più che altro la sintesi delle ricerche di A. e S. Cacioppo (marito e moglie), con relativi supporti nella letteratura specifica, ma con passaggi davvero troppo contratti per il lettore non esperto. Prendiamo, ad esempio, il Capitolo sui processi di gruppo. È proprio lì che la neurobiologia si confronta con le scienze umane (antropologia culturale e sociologia in primis ma, ovviamente, anche psicologia sociale ed evoluzionistica); invece non vi è il minimo cenno a un possibile confronto di teorie e metodologie della ricerca. Sì, qualche riferimento bibliografico c’è, ma con vuoti illustri. Infine, non capisco la necessità delle scienze contemporanee di darsi sempre un’etichettatura (neuroscienze "sociali").
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