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Guanda (Narratori della Fenice.); 2009; 9788860887061 ; Copertina flessibile con risvolti ; 22 x 14,5 cm; pp. 115; Traduzione di Alba Bariffi. ; Presenta leggeri segni d'uso ai bordi (senza mancanze nè lacerazioni), interno senza scritte; Molto buono, (come da foto). ; Quando prende servizio come factotum alla Hogarth Press di Leonard e Virginia Woolf, Richard Kennedy ha sedici anni, un temperamento deliziosamente svagato e un freschissimo spirito d'osservazione. In realtà non sa far niente, però è entusiasta, volenteroso e di pasta buona. L'impiego gli è stato procurato dall'eccentrico zio George che, al pari del giovane nipote, nutre una robusta passione per il disegno e i libri. L'apprendistato nella piccola casa editrice dei Woolf dura quattro anni; poi Richard, in assenza dell'editore, sbaglia l'ordinazione della carta per stampare le Opere complete di Virginia, Leonard si infuria e le strade si separano. Siamo alla fine degli anni Venti. Quarant'anni dopo, all'apice della sua carriera di illustratore, Richard rievoca i giorni alla Hogarth Press affidando i ricordi a un diario che fonde con spensierata grazia parole e immagini. Nasce così "Io avevo paura di Virginia Woolf", che consegna un ritratto di Bloomsbury ricco di aneddoti e preziosi dettagli colti dietro le quinte: la vicenda editoriale di "Orlando", "che si vende come il pane"; Leonard, che rifiuta di pubblicare "Fratelli e sorelle" di Ivy Compton-Burnett, perché l'autrice "non è neppure capace di scrivere"; e naturalmente Mrs W, con l'eterna sigaretta fatta a mano tra le labbra, impegnata a comporre un romanzo nel suo studio, o a inventare nuovi passi di foxtrot in un nightclub. ;
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sono d'accordo con biagio, lieve, con uno sguardo un po' dissacrante dell'ambiente di bloomsbury, ma come sappiamo i maggiordomi colgono aspetti che altri non possono vedere. si legge in un'ora abbondante. i disegni poi sono squisiti.
Mi è piaciuto! Certo, è leggero, ma ha in sè una fraschezza che smonta l'idea della Virginia intellettuale fredda e senza vitalità. Leonard, poi, nella scena dello scaffale che casca, è davvero esilarante. Spero lo leggano in tanti!
Recensioni
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I novecenteschi "ritratti dell'autore da cucciolo", secondo la dizione classica di Dylan Thomas, vogliono rivelare scrittori e artisti alle prese con se stessi e con la propria visione del mondo, riempiono gli scaffali delle biblioteche, disegnando l'identikit di una formazione personale, che è anche, nei casi migliori, modalità di condivisione di istinti e modi di un'epoca.
Nella foltissima messe bibliografica che esiste intorno al mito di Virginia Woolf, Guanda seleziona e manda in libreria l'incantevole Io avevo paura di Virginia Woolf di Richard Kennedy (1911-1989), uscito in Inghilterra nel 1978, nella traduzione di Alba Bariffi. Disegnatore di discreta fama, Kennedy riepiloga qui le sue esperienze alla Hogarth Press, esperimento di casa editrice familiare e allo stesso tempo nucleo di ricerca intellettuale allargato. Il diario si apre con il classicissimo picnic sullo sfondo squisitamente woolfiano di Talland House (immortalato nel romanzo Al faro),in cui lo zio architetto rivela al nipote, che è reduce da un fallimento scolastico, che il suo destino è nella sofisticatissima stamperia, dove si trova a contrastare con la sovrappeso ma efficientissima Miss Belcher e con Mrs Cartwright. L'illustre parente gli spiega che i coniugi intellettuali non cercano un giovane genio dell'editoria, ma piuttosto un ragazzo sveglio e disponibile, che sappia rendersi indispensabile. Il timore della scrittrice va di pari passo con quello degli errori, che si ripetono a valanga, dall'errore in un messaggio scritto faticosamente a macchina ("eccettuato" invece di "accettato" in una lettera drastica di rifiuto per restituire un manoscritto), alla tragicomica incomprensione negli ordini di un tipo di carta da stampa, che impedisce un'edizione che avrebbe portato cospicui introiti.
Le pagine sono veloci, costituiscono una sequenza di sketch, che trovano completamento nei disegni evocativi: il giovane protagonista, sballottato tra sensazioni sempre diverse, si reca da D. H. Lawrence e lo vede ritratto nudo alle pareti (gli sembra un minatore) alla vigilia del celebre processo, incrocia per le scale degli uffici la grande Ivy Compton-Burnett e fa di tutto, senza esito, per avvertire Mr Woolf che avevano già rifiutato una sua opera. Mentre l'autore ruba la macchina degli zii per scarrozzare una sua bella e comincia a capire qual è la sua vocazione, Mrs Woolf compare al tavolo di lavoro, mentre impagina e compone tipograficamente un suo romanzo, poi si interrompe e magnifica le sue capacità di danzatrice di fox-trot, dicendo che la sera ha inventato nuovi passi in un noto nightclub. Kennedy la osserva strabiliato e spaventato a un tempo e la riassume nell'immagine di una bambola meravigliosa quanto inquietante.
Luca Scarlini
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