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Un piccolo saggio narrativo sulla propria insularità: "Avevo cinque anni, e vidi l'isola per la prima volta"; e un tocco affettuoso su la "pazienza" e il "fervore" dei due siciliani, il critico Ferlita e il poeta (in dialetto marsalese) Nino De Vita, grazie ai quali ha preso forma questo libro: così Enzo Siciliano (1934), che è nato e vive a Roma, introduce la raccolta degli scritti da lui dedicati alla letteratura siciliana nel corso di quarant'anni. Usciti in gran parte su quotidiani e riviste (il più antico, per Giuseppe Bonaviri e Angelo Fiore, è del 4 ottobre 1964, in "Corriere della Sera"), sono stati ora riscoperti e messi assieme, con l'aggiunta di alcune pagine (per Guttuso, Piero Guccione, Nino Cordio) in cui il campo dell'arte, letteraria o figurativa, appare nella sua tipicità di apertura e di scambio, pittura e musica, luce e pensiero, vista e visione, tradizione e innovazione. Il lettore vi riconosce un talento di Siciliano, quella sua facilità a muoversi trasversalmente nei testi della cultura, che ne ha fatto un grande cronista intellettuale più che un romanziere. Ma chi l'ha apprezzato come cronista e moralista dell'ambiente romano e di un'esperienza letteraria e amicale conclusa dalla morte di Pasolini, da lui intensamente e in più d'un libro rivissuta, qui ha la felice sorpresa di ritrovarne le qualità applicate ad altri ambienti e figure. I nomi che contano, da Verga a Sciascia, ci sono tutti, o quasi. Senza troppi stereotipi. Enzo Siciliano infatti tende a una lettura drammatica e contrastiva, che nell'isola percepisce il conflitto, e lo cerca nei suoi scrittori, lacerati fra lo "splendore della ragione dialettica" e il contesto di "fame, ignoranza, delitto". S'incupiscono i colori nel critico-scrittore d'oggi. Eppure lo salva ancora la "corda pazza" di Brancati, che regge Sogno di un valzer ("Brancati scrisse sogno di un valzer in stato di grazia", 1982) e anche le divagazioni del Siciliano saggista e narratore, testimone di un'epoca e di un modo di far critica. Duplice è il punto d'attrazione di questa raccolta: un ballo di cui si sentiva il bisogno a Caltanissetta nel 1938, e il mare del sud, l'attualità mediterranea, dove tuttavia la vita, la luce, resiste.
Lidia De Federidis
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