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L' istituto per la regolazione degli orologi
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L' istituto per la regolazione degli orologi - Ahmet Hamdi Tanpinar - copertina
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istituto per la regolazione degli orologi

Descrizione


"Quel che conta, in questo capolavoro comico-satirico, è la forma con cui Tanpinar prova a maneggiare il Tempo, l'attrezzo con cui entra dentro la gabbia delle tigri: un orologio. Il che è un paradosso, o un'apparente contraddizione: Tanpinar tenta di lasciare che il Tempo soffi libero il suo sinistro vento abissale, e però per farlo non trova nient'altro di meglio che raccontare come per tutta la vita abbia tentato viceversa proprio di chiuderlo in sacchetti, creando persino un'Istituzione apposita. 'L'Istituto per la Regolazione degli Orologi' mette in scena proprio questo fallimento, nella dialettica, tipicamente novecentesca tra il caos del mondo e un tentativo da parte del romanzo di trovargli un qualche ordine. Il mondo infuria, la vita si dipana in troppe linee perché se ne possa scegliere - comunque arbitrariamente - una da raccontare e dare per buona. Per questo il romanzo usa le parole, perché alla stregua di quei sacchetti di tempo che sono gli orologi, danno l'illusione che l'abisso si possa dire, il Tempo calcolare, lo Spazio si possa misurare". (Dalla prefazione di Andrea Bajani)
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Dettagli

2014
28 ottobre 2014
X-448 p., Brossura
9788806196868

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ariella
Recensioni: 5/5

Fantastico, in tutti i sensi. Sono grata al caso che mi ha fatto incontrare questo romanzo, di cui ignoravo l'esistenza fino ad un mese fa. Satira, ironia, tenerezza, una storia che fa sorridere e pensare. Mi ha davvero ricordato il Tristam Shandy e, perchè no, Candide. Non credo oserò mai regalarlo a qualcuno, non è un libro per tutti.

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furetto60
Recensioni: 3/5

Opera che sfugge ad una precisa classificazione, in cui il filo narrativo si dipana in vari rivoli e una miriade di personaggi. Basti pensare che lo svolgimento vero e proprio, quello relativo al titolo, inizia da pag. 300 ca., nel pregresso l’autore prepara il terreno, spiega i retroscena, illustra il background. A momenti validi si alternano altri meno felici, poco coinvolgenti, ma è proprio l’opera nel suo complesso che lascia un sapore indefinito ed un interrogativo su tutti? La lettura, ne è valsa la pena?

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Q3ttola
Recensioni: 5/5

La via turca al realismo magico che Garcia Marquez avrebbe reso celebre qualche anno dopo? Può darsi, ma in questo libro c'è molto più che una semplice galleria di personaggi poeticamente improbabili e tratteggiati con potenza e dettaglio. C'è anche - come giustamente asserito in quarta di copertina - una finissima satira della burocrazia che assume dimensioni metafisiche e ci fa sentire meno soli se ci poniamo domande sul senso del nostro vivere in una società. Lampi di ironia imbevuti di un cinismo leggero, veloce, capace di disinnescare (o di innescare) rancori lunghi intere generazioni. E poi c'è Istanbul, crogiolo di saperi, di umori, fucina inesauribile di storie e di mondi. Per me, un capolavoro.

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Voce della critica

La Casa Editrice Einaudi ha pubblicato, nell'eccellente traduzione di Fabio Salamoni, uno dei capolavori dimenticati della letteratura turca, L'Istituto per la regolazione degli orologidi Ahmet Hamdi Tanpınar (1900-1964). Come ha scritto Orhan Pamuk in Istanbul, Tanpınar è al contempo l'anello di congiunzione tra la letteratura turca moderna e l'alta tradizione ottomana e il pioniere del romanzo di avanguardia, nonché il precursore delle estetiche sperimentali che dagli anni ottanta hanno dominato la narrativa turca. Egli inoltre è il primo, nell'ambito di una letteratura di fatto prodotta dalla modernizzazione, ad avere riflettuto su tale processo e sul rapporto tra la soggettività moderna e la memoria individuale e collettiva. La tradizione cui apparteneva Tanpınar tentava, nell'atmosfera di inizio secolo, una sintesi colta e cosmopolita delle poetiche orientale e occidentale, ispirata da una parte dall'avanguardia francese, e dall'altra dai nascenti sentimenti nazionalistici. Negli anni venti, Mustafa Kemal Atatürk, il padre della Repubblica, avrebbe subordinato la costruzione della nazione a una radicale discontinuità storica con la tradizione musulmana e imperiale, spingendo intellettuali come Tanpınar ai margini dell'emergente canone politico e letterario. La nazione turca si fondava non tanto sulla continuità di un'esistenza storica, culturale e linguistica, quanto su di un futuro progettato all'interno della moderna civiltà occidentale. Per realizzare ciò la leadership repubblicana intraprese un radicale programma di trasformazione, sostituendo, con rigorosa cura per il nuovo ed il moderno, abbigliamenti, usi, costumi tradizionali che fino a quel momento avevano governato la vita quotidiana e concorso a configurare le identità personali e collettive. Una nuova narrazione storica avrebbe marginalizzato l'impronta islamico-ottomana; l'introduzione dell'alfabeto latino condannato all'oblio la plurisecolare produzione culturale imperiale; la purificazione della lingua dagli elementi lessicali e sintattici dell'arabo e del persiano distrutto la ricchezza linguistica dell'universalismo ottomano, per trasportare velocemente la Turchia nella modernità il calendario musulmano sostituito da quello Gregoriano. Il tempo cominciò ad essere scandito al ritmo occidentale e divenne un valore stimabile in denaro. L'Istituto per la regolazione degli orologi è una straordinaria rappresentazione satirica di questo processo di trasformazione. La voce narrante del romanzo pubblicato nel 1961 è Hayri Irdal, un anti eroe, un concentrato di buon senso, che finisce per essere travolto dalla potenza con cui la narrazione riesce ad imporsi facendosi realtà, a tal punto che non ci sono azioni che possano contrastarla. La difficoltà a rassegnarsi ai tempi e a non intestardirsi a cercare connessioni tra passato e presente lo condanna a un'esistenza grigia, segnata dall'emarginazione e dalla disoccupazione. Il protagonista è percepito da chi gli sta attorno, come un idealista, un pessimista, un individuo ancorato nel passato. L'indole pigra e eternamente attratta da coloro ai quali attribuisce maggiore carisma e forza di volontà rispetto a se stesso, combinata con le convenienze del momento, sottomette Hayri Irdal di volta in volta a una nuova guida; al maestro orologiaio dell'adolescenza, che lo aveva introdotto alle ipotesi sul tempo e sulla sua misurazione, segue, negli anni di giovinezza, il dignitario ottomano decaduto. Per l'incapacità, contro ogni evidenza, di abbandonare per tempo quest'ultimo subirà una condanna e diventerà il primo paziente del dott. Ramiz, che sta introducendo in Turchia la psicoanalisi appresa durante un soggiorno viennese. Questi presenterà il protagonista a Halit il Regolatore, maestro di manipolazione, che ne modificherà per sempre il destino, facendone un manipolatore. Non appena Hayri Irdal indossa il vestito, dono del nuovo benefattore, vede la sua "esistenza cambiare radicalmente". Comincia a guardare "alla vita da una prospettiva globale come lui .. a usare espressioni come 'co-ordinamento', 'organizzazione del lavoro' ... a definire la propria mancanza di volontà con parole quali 'inevitabilità', 'impossibilità', a stabilire confronti imprudenti tra Oriente e Occidente, ... a soppesare gli uomini con uno sguardo che significa 'A cosa possono servire?', e a vedere la vita come un impasto da lavorare nel proprio mortaio". Senza Hayri Irdal non esisterebbe il fantomatico Istituto per la regolazione degli orologi. Diventato uomo di successo, ricercato e amato da tutte le donne che prima erano irraggiungibili creature da servire, accetta e promuove la menzogna come verità, fino a rendere l'Istituto "il frutto della propria vita". Scrive la posticcia biografia di uno sceicco inventato, Ahmet Efendi il Tempistico, ("Tutto ciò che ha un nome esiste!" dice Halit il Regolatore) al quale il genio di Halit attribuisce con due secoli di anticipo la scoperta delle frazioni di secondo di Graham: "Ahmet Efendi il Tempistico è una necessità del nostro secolo e ha soddisfatto questa necessità verso la fine del diciassettesimo secolo". L'intera funzione dell'Istituto, descritto come "una pietra miliare della burocrazia per nome, compiti e forma organizzativa", è quella di focalizzare l'attenzione del pubblico su un eterno e isolato presente: "la storia è agli ordini del presente" Hayri Irdal trova fama e benessere accettando di vivere in un mondo senza connessioni; un'esperienza che, considerata in retrospettiva, appare un incubo.    Ayse Saracgil  

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