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Prodotto dalla "Darko Entertainment", con la sua opera seconda il regista-sceneggiatore fresco d'Oscar per l'adattamento di "12 Anni Schiavo" riesce nell'impresa di tematizzare l'argomento primario del "Donnie Darko" di Kelly evitand'artificiose elucubrazioni da "mind-bender movie". Il misterioso nesso fra ciclo lunisolare ed esseri umani è affrontato attravers'uno dei celebri e reali personaggi appartenenti al "Club 27". Ridley ha dichiarato ch'il divieto impostogli nell'uso di brani hendrixiani e addirittura nel mostrare la Fender Stratocaster, ch'eppure diventò leggendaria grazie a Jimi, non l'ha vincolato bensì gl'ha permesso di sfruttare il biopic per un discorso più vasto e generale su questa correlazione mac-mic. Inoltre Ridley non conced'alcuno spazio al chitarrista già rockstar, si sofferma sull'anno precedent'il suo exploit al Festival di Monterey nel '67, termina con la sfida vinta per ko tecnico contr'i Beatles nella cover di "Sgt. Pepper's" improvvisata in presenza di McCartney, Harrison e il loro manager Epstein al Saville Theatre in Shaftesbury Avenue. A Ridley interess'intridere questa fase pre-exploit di presagi letali: i lunghi e insistiti silenzi al posto del feedback rumorista, una fotografia a tratti desaturata nel periodo hippy multicolor, delle didascalie in b/n che sembran'un insisto omaggio ai Joy Division e al biopic di Corbijn su Ian Curtis ("Control", 2007). La lisergia stilistica (freeze, fuorisync, visioni improvvise e accecanti) sembra meno una didascalica ricostruzione dell'epoca e più una metafora della meteora hendrixiana, come la scelta del libro sugl'alieni (l'alieno) discesi (-o) sulla terra. Poi, oltr'alle tre coprotagoniste, irrompe la luna full-size esondant'inquadratura e schermo, e veniamo gettati di nuov'alle prese con ciò che determinerebb'i nostri destini di vett'e tracollo, nascit'e morte.
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