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Vengono qui raccolti tre corsi universitari svolti in anni differenti. Nel 1965 "L'etica di Kierkegaard nella prima fase del suo pensiero", nel 1966 "L'etica di Pascal", nel 1971 "L'etica di Kierkegaard nella Postilla". L'accento proposto è tutto sull'etica sussunta nell'ambito del religioso, l'etica è l'inveramento quotidiano della religiosità aperta al trascendente. Nella prima fase, Kierkegaard elogia l'etica come scelta e storicità esistenziale in cui si incarna la Fede, a differenza dell'estetica che vive nell'istante astorico del godimento e non può essere mai ripreso in una scelta storico-esistenziale aperta al trascendente. In "Timore e tremore" l'etica viene sottostimata, paragonata al generale hegeliano, per distinguere meglio il salto nella Fede. Il cavaliere della Fede non è soltanto cavaliere dell'Infinito che si stacca da criteri estetico-etici mondani, ma ritorna perfettamente in equilibrio ben saldo sulla terra, ma così facendo l'etica non è più il generale, ma trasfigurata nella trascendenza, e diviene etica religiosa. Lo stesso vale per Pascal. L'uomo oscilla continuamente nell'orgoglio e nella disperazione. Con l'orgoglio crede di raggiungere la felicità in questo mondo non accorgendosi della propria miseria e d'altro canto, riconoscendo la propria miseria dubita e si dispera fino ad arrivare al pirronismo e all'ateismo. La ragione non è in grado di fare una scelta tra queste due strade ed è guidata dal sentimento. Ma il sentimento ha una ragione che la ragione non ha, e l'ispirazione della Grazia nel sentimento fa compiere un Salto nel quale finalmente l'uomo è davvero consapevole della sua condizione miserrima e in virtù di essa non si innalza ma viene innalzato nella Grazia della salvezza conservando la sua umiltà. In questa ricostruzione interpretativa di Pareyson, davvero mirabile, il cavaliere della fede coinvolge sia il pensiero di Pascal e di Kierkegaard, perché la rinuncia al mondo è il modo per recuperarlo nel salto etico-religioso.
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