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Anno edizione: 2018
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Sfuggente: perché credi di assistere alla ricerca del misterioso scrittore di un manoscritto così bello da attirare l’attenzione anche di una non meglio precisata fondazione svedese (!) e invece ti ritrovi quasi smarrito, o meglio, volutamente smarrito, insieme al protagonista, che di quella ricerca dovrebbe essere l’attore, in cerca di altro. Di se stesso, di una dimensione migliore in cui vivere, di una relazione più diretta e non problematica con una donna capace di riaccenderlo. Ironico: ma a patto di chiarire subito che si tratta di una ironia un po’ malinconica, nostalgica e sorniona. E lo si capisce fin dall’inizio, quando il protagonista realizza che i propri manoscritti appartengono all’ineffabile categoria dei “buoni ma” e quando, insieme a lui, si arriva al villaggio di Penuria, che si trova vicino a Miseria, in prossimità di Disgrazia e di Lamento, una zona icasticamente descritta con l’ossimoro “trasudava aridità, fisica e spirituale”. Da lì la ricerca del misterioso scrittore, poco dopo l’avvio, pare andare alla deriva, o meglio, diventa solo un pretesto per prolungare la permanenza del protagonista nel villaggio, alternativamente attraente e diffidente. Essenziale: ho trovato alcuni passaggi che chiariscono, con una sintesi impeccabile, sensazioni che altrove impegnano pagine ma senza gli stessi risultati (solo per fare un esempio: lo stato d’animo di chi parte verso un viaggio dai molti lati incerti, descritto come “timore nei confronti dell’ignoto misto a una nostalgia anticipata per le cose e gli spazi della mia casa”). Onirico: l’atmosfera si fa spesso rarefatta, i personaggi che si incontrano hanno sempre qualcosa di misterioso e di irrisolto, il protagonista stesso si lascia andare a scelte e ritmi di vita che paiono inconcludenti, i collegamenti logici, spaziali e temporali lasciano razionalmente perplessi e al tempo stesso si realizza che “razionalmente” è proprio l’ultimo avverbio adatto a questo contesto.
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