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Il voto è 5/5 per invitare alla lettura: perchè questo è un libro da leggere. Anche se è forse il più crudele che abbia mai letto. Crudele in tutto. Per tutti. Se però questo libro può far qualcosa di buono non è convincere che l'eutanasia sia una "buona cosa". Dovrebbe, piuttosto, invitare a pensare, a pensare di più e a pensare meglio ai fondamenti su cui si pone il problema stesso dell'eutanasia. In primo luogo l'idea che il vero nemico sia il male che determina la situazione di sofferenza e non, piuttosto, la situazione stessa. Sicchè quando il malato invoca la morte, non è questione del suo esser libero di morire, ma, al contrario, il problema sta nel fatto che costui è talmente fatto schiavo dal suo male, talmente imprigionato da esser addirittura costretto a invocare di uscire dall'esistenza, giacchè in quest'esistenza non c'è spazio per nient'altro che sofferenza. Ma questo dovrebbe porci il problema: esiste un modo per entrare, noi vivi, noi sani, noi fuori, per entrare noi dentro la sua prigione, esiste un modo per trovare la forza e il coraggio di dire a chi lì dentro è confinato: "tu non sei solo questo. Tu non sei solo questo dolore e questo corpo umiliato dal male. Tu sei infinitamente di più. Tu sei sempre stato infinitamente più di questo. E per il fatto che ora sei anche questo, non devi pensare di essere nient'altro che questo".
Sono immensamente triste: è morto un eroe...
Ieri ho scritto alcune parole di riflessione su Welby e il suo libro, ma forse non andavano bene, dato che non le ho vista pubblicate. Vorrei aggiungere che non riesco a non pensare a Welby. Ce l'ho sempre in mente: lo vedo come un eroe che combatte per gli interessi di TUTTI i malati terminali. Egli è capace di vivere con dignità la sua malattia e il suo cammino verso la morte ed è capace di dare un SIGNIFICATO a questa disgrazia. Magari se tutte le persone, portatrici di disgrazie enormi, sapessero parlarne pubblicamente e dar loro un senso! Welby, che sta andando verso la morte, dà un significato universale alla sua vita!
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