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Quando si legge un libro del genere da profano si imparano un sacco di cose ma non se ne capiscono altrettante. La ‘riuscita’ di questo libro è che mi ha lasciato la voglia di rileggerlo per capire quanto a una prima lettura era incomprensibile, e di documentarmi con altri libri. Nel 2019 la fisica è andata avanti di parecchio, questo libro è del 2008 e quindi oggi da integrare con altre letture se si vuole una panoramica del punto in cui siamo, ma è comunque un’ottima lettura da cui cominciare.
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Quasi tutta la massa del mondo in cui viviamo (il 99 per cento) è concentrata nei nuclei atomici, costituiti da protoni e neutroni (genericamente detti nucleoni). Queste particelle sono composte a loro volta da oggetti più piccoli, i quark e i gluoni. La cosa strana è che quark e gluoni sono privi di massa o quasi. Da dove proviene dunque la massa della materia ordinaria? La risposta a questo enigma che Wilczek ama chiamare della "massa senza la massa" viene, da un lato, dalla relatività einsteiniana (in particolare, dalla famosa formula di equivalenza tra massa ed energia), dall'altro dalla teoria quantistica che descrive i quark e gluoni, la cosiddetta cromodinamica quantistica, o qcd (Quantum ChromoDynamics). In sintesi, la massa di cui siamo fatti e che osserviamo attorno a noi è nient'altro che l'energia di interazione dei costituenti fondamentali della materia. Recenti studi hanno confermato quantitativamente questo scenario, mostrando attraverso calcoli numerici sofisticatissimi (che hanno richiesto l'uso intensivo di supercomputer) che la maggior parte della massa dei nucleoni è per l'appunto attribuibile all'energia posseduta dai quark e dai gluoni: un risultato che, senza esagerazione, si può davvero collocare tra le "massime conquiste scientifiche di tutti i tempi".
Frank Wilczek è, assieme a David Gross e David Politzer, uno degli inventori della qcd. Per la precisione, i tre hanno scoperto, all'inizio degli anni settanta, la cosiddetta "libertà asintotica", cioè il fatto singolare che l'interazione tra quark e gluoni è tanto più debole quanto più le particelle sono vicine. Questa proprietà rende la qcd una teoria altamente predittiva, e trent'anni di ricerche teoriche e sperimentali ne hanno decretato il definitivo successo, facendone uno dei pilastri della nostra comprensione dell'universo. Alla qcd e al suo ruolo nella spiegazione dell'origine della massa è in larga misura dedicato il saggio di Wilczek, il cui titolo originale, The Lightness of Being, è doppiamente evocativo, giacché lightness significa nello stesso tempo "leggerezza" e "lucentezza". L'essere non è solo, come abbiamo visto, straordinariamente "leggero", ma anche "luminoso", nel senso che è fatto della stessa sostanza della luce, cioè di campi quantistici. Leggerezza e luminosità sono peraltro strettamente legate: la lezione più importante della teoria quantistica dei campi è infatti, come ricorda Wilczek, che "ciò che percepiamo come spazio vuoto in realtà è un mezzo potente la cui attività modella il mondo".
Il vuoto quantistico è ben diverso dal vuoto comunemente inteso: brulica di attività ed è popolato da varie presenze: coppie di particelle virtuali che si creano e si annichilano in continuazione e campi che "condensano" in conseguenza della rottura di alcune simmetrie. A completare il quadro, c'è il campo metrico della relatività generale, che determina la geometria dello spazio-tempo e si manifesta come gravità. Vuoto quantistico e spazio-tempo costituiscono la struttura portante dell'universo fisico, alla quale Wilczek noto nella comunità scientifica anche come creatore di fortunati neologismi dà il nome di "griglia" (un'invenzione linguistica stavolta poco felice). Possiamo allora dire di conoscere l'ingrediente primario del mondo? Non del tutto, per almeno due motivi: non sappiamo come unificare la teoria quantistica e la geometria; non è ancora nota l'origine di quell'1 per cento della massa non riconducibile alla qcd (questi due problemi sono affrontati nella seconda metà del libro).
Lo stile del saggio riflette fedelmente la personalità brillante dell'autore, che è ben lontano dallo stereotipo dello scienziato goffo e introverso (con la moglie Betsy Devine, giornalista e blogger, Wilczek forma una delle coppie più note dell'intellettualità della East Coast). Certo, il libro non è esente da difetti (qualche eccesso metaforico, per esempio, e alcune argomentazioni poco trasparenti, nonostante il tono sempre informale), ma ha un grande merito: quello di mostrare che la bellezza della fisica non risiede necessariamente in certe teorie congetturali di moda, tanto suggestive quanto difficili da verificare, ma anche e soprattutto nelle spiegazioni sorprendenti e profonde che essa offre di molti aspetti ordinari del reale. Scrive giustamente Wilczek che "la musica speciale della fisica sta nell'armonia tra idee meravigliose e realtà": è proprio qui in effetti il fascino della moderna filosofia naturale.
Vincenzo Barone
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