Lei mi parla ancora

Chi comincia questo libro, non può smettere di leggerlo, deve andare fino alla fine. Non solo perché è scritto davvero bene, in una prosa fluente in cui si è come immedesimati nel pensiero di chi scrive, che ti trascina nel racconto di ciò che sta ricordando e vivendo, quasi vedessi anche tu quello che vede lui. La narrazione è un continuo dialogo tra Giuseppe e la moglie Caterina, ora morta, ma ben presente alla sua anima, un dialogo in cui si rievoca la loro vita in comune, dal primo incontro nelle aule dell’università di Ferrara, per tutto lo svolgersi delle circostanze della famiglia da loro formata. E’ un rimando tambureggiante tra la dolcezza non sdolcinata, ma ruggente, del ricordo, e la nostalgia struggente del dolore presente. Avvince particolarmente la dolcezza del rapporto affettuoso di due personaggi fortemente identificati, ma tenacemente avvinti nel loro legame, che fa vivere la lunga narrazione della loro storia, storia quasi normale, ma in cui non c’è niente di banale. Al lettore rimane un profondo senso della positività della vita, che in ogni suo aspetto e momento, bello, gioioso, ma anche difficile o doloroso, può essere vissuto pienamente, mostrando in ogni particolare il rispecchiarsi di ciò che la rende importante e le dà senso.

L’anziano farmacista Nino Sgarbi, in questo suo terzo romanzo approfondisce e amplia la ricostruzione delle innumerevoli avventure che hanno caratterizzato la sua lunga vita e il suo splendido sodalizio con la moglie Rina. I numerosi ricordi, gli studi, la guerra, la farmacia, i genitori, la vita sul Po, la crescita dei figli Vittorio ed Elisabetta; nulla è banale e tutto è il pretesto per dotte disquisizioni e aneddoti. Lo raccomando vivamente, insieme alla visione del film tratto magistralmente da Pupi Avati, che ha saputo coglierne l’essenza, nel pieno rispetto dei sentimenti e dei fatti narrati.