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Una lettera satirica e scandalosa scritta da una scimmia babbuino, che discetta sulla vita e sulle usanze dell'uomo.
recensione di Moro, C., L'Indice 1995, n.10
Restif de la Bretonne deve aver preso in parola il celebre motto di Voltaire, che all'apparire del "Discours de l'in‚galité" di Rousseau gli scrisse: "Quando si legge il vostro lavoro, vien voglia di camminare a quattro zampe". Venticinque anni dopo, nel 1780, a far professione non parodica di rousseauvismo è proprio una scimmia della Malacca, un povero 'monstrum' nato di donna dalle incontinenze boscherecce di un vigoroso babbuino. Restif gli riserva un'appendice della sua "Découverte astrale par un homme volant, ou le Dédale franèais", romanzo davvero dedalico che si dipana tra voli macchinosi, repubbliche utopiche e viaggi agli antipodi; così modernamente composito che l'ultima cosa di cui si stupirono i contemporanei fu di trovarvi anche il divagare, allora in voga, sui soggetti più disparati, dalle cosmogonie alle specie ibridate. L'uomo-scimmia, appunto. Sottratto al ribrezzo infanticida della madre negra, questo "meticcio" subì la sorte dell'esotico nel "secol venditore": passò per mano a mercanti curiosi della sua stranezza. Ebbe nome César e fu alfabetizzato quel tanto che consentiva la sua natura ancipite di quadrumane parlante. Educazione non vana, se César si prova addirittura nei generi classici della 'consolatio' e dell''invectiva'. Destinatario dell'una il popolo "senza spirito" dei primati; oggetto dell'altra gli uomini tutti, a ricalcare, di nuovo prendendola alla lettera, la sentenza epistolare di Voltaire, che vedeva nel "Discours" un "libro contro il genere umano".
Il meticciato fornisce a César un punto di vista non equidistante, ma penetrantemente asimmetrico. Questo "philosophe sans le savoir" accosta così alcuni motivi topici dell'illuminismo, da Rousseau a Beccaria, al tema folklorico del "mondo alla rovescia". Inizia dalla vulgata rousseauviana secondo cui il sapere è fonte di turbamento, infelicità, disperazione, mentre chi vive nell'intemporale come le bestie patisce sì, ma solo nel momento del dolore. Anche la società e i costumi umani sono sopravanzati da quelli animali in eguaglianza e temperanza; l'innaturalità dell'etica sessuale ne è un esempio; la stessa giustizia penale, insieme efferata e inefficace, si riduce a un sistema di iniquità. Nel ritratto morale dell'uomo che César consegna ai propri muti confratelli prevalgono apostasia, profanazione e lussuria. Tesi radicali, che Restif circoscrive abilmente attraverso l'espediente retorico dello sdoppiamento di registro: nei panni fittizi di editore del testo chiosa in lunghe note la requisitoria dell'uomo-scimmia, ora allegando l'autorità di naturalisti e viaggiatori; ora discutendo le ragioni della convivenza civile. Ma a leggerlo bene - scrive Daria Galateria nell'introduzione - l'autocommento non lesina azzardi eterodossi" come quello sull'anima delle bestie, con buona pace delle nere tonache, gesuiti o giansenisti che fossero, che per più di un secolo straziarono animali vivi per cercare la conferma cartesiana della loro "apatia".
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