In copertina, oltre a titolo e sottotitolo, una sorta di sommario indica le parole chiave del libro: intreccio, canone narrativo, immaginazione, fantasy, personaggi romanzeschi, folklore globalizzato, pedagogia, Bildungsroman, finzione, neuro-narrazione, parchi tematici, graphic novels. Sulla letteratura per l'infanzia, da sempre contesa tra pedagogia e letteratura (il libro è/deve essere buono o bello), su cui poi si affacciarono altri ambiti di studi, dalla storia all'iconologia, antropologia, sociologia, scienza della comunicazione, ora narratologia e semiologia gettano uno sguardo obliquo, laterale rispetto ad altri punti di vista. Se ne fa portatore Stefano Calabrese, docente di semiotica del testo a Modena e Reggio Emilia e didattica della letteratura italiana e dell'infanzia a Bolzano, in un saggio, supportato da una vasta bibliografia internazionale, dal quale anche il lettore meno strutturato, una volta superati con impegno i tecnicismi, può ricavare un insieme di informazioni e indicazioni non isolate, ma che vanno a comporre un disegno organico, complesso e prospettico. Quattro case-study, rispettivamente su Il piccolo principe, La sirenetta, Il principe felice, Cappuccetto rosso, Heidi e Il grande Meaulnes, esemplificano e approfondiscono quando occorre. Chissà quali segni e interpretazioni l'evoluzione della semiotica leggerà fra un centinaio di anni in case-study come Pulp fiction e Kill Bill, Lost e Violetta, Harry Potter e Geronimo Stilton. Calabrese procede con ordine. Dalla definizione della materia, che sconta una dialettica o ambiguità fra un polo idillico (del piacere) e uno didattico (del sapere), alla storia e nascita di un mercato grazie all'alfabetizzazione a partire dal Settecento. Dalla fiaba, di cui l'autore è profondo conoscitore, al romanzo di formazione (socializzazione e integrazione del giovane) dominante nell'Ottocento e poi mutatosi nel Novecento in sembianze di formazione negata o de-formazione (difficoltà o impossibilità di superamento dell'adolescenza), mentre nella letteratura per l'infanzia si delineano due orientamenti, uno progrediente (Pinocchio) e l'altro regrediente (Alice e Peter Pan). Nel nostro secolo due sono le parole chiave: picturebook e crossover, cioè attraversamento e contaminazione di generi, linguaggi, media e generazioni (young adult, kid adult ossia adulti che leggono romanzi per ragazzi e adolescenti, new adult per 20-30enni che si sono formati alla lettura con Harry Potter e Twilight). Nell'ultimo capitolo, quando narrazione e controfattualità (immaginazione) incontrano le più moderne indagini di neuroscienze cognitive, il linguaggio attinge con frequenza alle metafore, rivendica "la fantasia al (neuro)potere", addita la di letteratura per l'infanzia come "vero forziere" da indagare con l'aiuto degli studi sui neuroni specchio, parla della formula "se+congiuntivo" quale "big bang delle nostre capacità neurocognitive" (Rodari aveva già parlato di ipotesi fantastica), di "grande bolla ipotetica" (al congiuntivo e al condizionale), di "pangea primordiale narrativa" dove la Luna (reale ma distante) sta accanto a Babbo Natale (inesistente ma presente nella domesticità). Contagio linguistico della controfattualità o voglia di arrivare ai profani con forza d'urto immaginifica? Adesso la letteratura per l'infanzia si trova a un altro passaggio epocale: la rivoluzione digitale e le nuove tecnologie che non hanno nemmeno il tempo di insediarsi nell'immaginario e già mutano e aprono a invenzioni e scenari nuovi. Fernando Rotondo
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