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Un libro per alcuni tratti sinceramente noioso, da cui però si possono trarre interessanti spunti sulla mentalità delle persone del settecento, specie in fatto di matrimoni e fidanzamenti
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Per l'autrice dei tre brevi e incantevoli romanzi qui riuniti (ne esce contemporaneamente anche una identica edizione francese, con i testi in originale e le prefazione tradotte) si possono tranquillamente usare i superlativi. Isabelle de Charrière è stata un'interprete di spicco dell'Europa cosmopolita dei Lumi. Belle de Zuylen nasce in un'antica famiglia olandese. Affascinante e coltissima, comincia presto a intrattenere un fitto epistolario che annovera fra i suoi i più assidui corrispondenti James Boswell e Benjamin Constant, A leggerlo, si resta colpiti non solo dalla straordinaria rete di rapporti culturali intessuti nelle lettere, ma anche da una traiettoria di vita che appare come una perfetta illustrazione delle ingiustizie perpetrate contro le donne che osano pensare. Bellezza, intelligenza e talento procuravano infatti a Belle decine di adoratori, ma nessun serio candidato al matrimonio. Lo stesso Boswell, pur ammaliato, non riusciva a capacitarsi della docilità di una eventuale moglie che avesse studiato "metafisica e matematica".
Così a trentun'anni, ormai zitella attempata secondo i parametri dell'epoca, Belle de Zuylen divenne Isabelle de Charrière sposando il precettore svizzero del fratello. Cercava nel matrimonio la relativa libertà di cui godevano le donne sposate, se aristocratiche, e nella roussoviana mésalliance con un tranquillo Saint-Preux di modesta attrattiva e fortuna una garanzia di indipendenza. La tradì nel suo calcolo la mediocrità dell'esistenza a Neuchâtel. Ma nel grigiore di una quotidianità fatta di giardinaggio e di bucati, e dalle macerie di una misteriosa passione cui Benjamin Constant fa un'allusione nel Cahier rouge , nacque infine la romanziera, che esordì con i tre capolavori qui raccolti: Lettere da Neuchâtel e Lettere di Mistriss Henley (1784) e Lettere da Losanna (1785), romanzi epistolari, polifonico il primo, a una sola voce, quella di una donna che si interroga sul suo stare nel mondo gli altri due, di una sconcertante modernità.
Nelle Lettere da Neuchâtel , nota Mariagrazia Paturzo, una sartina, un commesso di bottega e una giovane nobildonna senza dote sono i protagonisti di un romanzo di formazione che li pone davanti alle scelte che decidono di una vita. In questa, come nelle altre opere di Mme de Charrière, l'essenziale sta nel confronto dialettico tra il personaggio e il proprio destino; per questo i finali restano aperti secondo la migliore lezione delle Lumières . Fenomeno frustrante solo per i lettori ingenui, compresa una giovane Mme de Staël, che si accingeva a sottrarle Benjamin Constant, e le scriveva maligna: "Mi sono vivamente interessata alle Lettere di Neuchâtel ; ma non conosco nulla di più penoso del vostro modo di iniziare senza finire". Oltre a ciò, il romanzo fece scandalo per lo spaccato di vita quotidiana che denunciava le ipocrisie della commedia sociale. Non si fanno concessioni neppure al pittoresco svizzero messo alla moda da Rousseau. "Le vendemmiatrici piuttosto sporche e mezzo congelate" sembrano un ironico controcanto dell'idillio di Clarens.
Polemico rovesciamento della Nuova Eloisa è anche Lettere di Mistriss Henley , scritto come reazione a un misogino e lamentoso Mari Sentimental di Samuel de Constant (uno dei numerosi Constant che attraversarono la sua vita). Mme de Charrière ha buon gioco nel dimostrare quanto insopportabile possa essere un marito che si pretende perfetto. Daniela De Agostini parla giustamente di una moltiplicazione di specchi su cui è costruito il testo: al "marito da romanzo", che forse anche Isabelle aveva creduto di trovare in M. de Charrière, corrisponde una protagonista vittima di stereotipi che falsificano la sua vita e le sue scelte. "Ecco come, con delle semplici parole, si fabbricano dei caratteri, degli imperativi, delle educazioni e delle felicità domestiche impossibili. Con tutto questo si tormentano le donne, le mogli, le ragazze, tutti gli imbecilli che si lasciano moralizzare", scriverà poi nelle Lettere da Losanna .
Contrariamente alla sua eroina, che si chiude nel silenzio, Isabelle continuò a scrivere: aveva trovato nel confronto tragico con una quotidianità fatta di inezie la vera materia dei suoi libri, una poetica che unisce tutti i suoi modernissimi romanzi in un tessuto, scrive Daria Galateria "fatto di crudeltà e mitezza, di un ritmo stilistico regolare e inavvertibile, e delle esclusive 'petites choses' rese intime dal punto di vista, che è quello privato della lettera, ma che subito si riaprono, per antica abitudine femminile, all'intelligenza della vita quotidiana".
Patrizia Oppici
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